È cominciato il baseball

Mauro Bevacqua

Nato a Milano, nel 1973, fa il giornalista, dirige il mensile Rivista Ufficiale NBA e guarda con interesse al mondo (sportivo, americano, ma non solo).

Come ogni anno inizia la stagione di baseball delle Major League. Quest’anno ho finalmente qualcosa da mettermi addosso. Le scorse stagioni il campionato prendeva il via e io mi ritrovavo sempre col guardaroba sguarnito. Oggi no, oggi è diverso: indosso i panni del tifoso dei Chicago Cubs.

Perché il baseball non è mai stato il “mio” sport. Lo seguo un po’, lo guardicchio e posso arrivare a dire che mi piace pure, ma seguire con costanza una stagione regolare che prevede 162 partite per ogni squadra (sono 30 in tutto, 16 nella National League, 14 nella American) è un’altra cosa. Ho detto che mi piace, sì, ma conviene spiegarsi ancora meglio: forse mi piace più quello che il baseball rappresenta – il “passatempo nazionale” USA – di quello che poi realmente va in scena giorno dopo giorno (la competizione, il vincere e perdere quotidiano). Mi piacciono i suoi riti e le sue tradizioni, più che i fuoricampo o le basi rubate. E quando uno sport lo segui così (senza un vero tifo per una squadra, senza una passione vera, autentica, totale) alla fine il tuo interesse è necessariamente superficiale, quasi casuale.
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