Il wi-fi gratuito non ci salverà

Mi sono ricopiato questa frase dell’amministratore delegato di Poste Italiane Francesco Caio a riguardo dell’iniziativa Poste Wifi che prende corpo in queste settimane:

«Il progetto WiFi rientra nella missione che ci siamo dati per i prossimi anni con il Piano Strategico Poste 2020: vogliamo essere gli architetti di un’Italia digitale e stiamo lavorando per rendere migliore la vita delle persone, includendo tutti, e con particolare attenzione alle fasce più deboli della popolazione. Entro la fine dell’anno saranno 900 gli uffici postali coperti dal servizio, con la previsione di estenderlo a tutti entro i prossimi tre anni, realizzando la rete gratuita di hot spot WiFi più estesa in Italia. E’ un altro passo nello sviluppo di prodotti e servizi semplici e sicuri che, con investimenti per oltre 3 miliardi di euro, punta a fare di Poste Italiane l’azienda leader del processo di cambiamento e di avanzamento economico e sociale del Paese, permettendo a tutti di cogliere le opportunità di sviluppo offerte dal digitale».

Ora proviamo a tornare con i piedi in terra, abbandoniamo le invocazioni a “migliorare la vita delle persone” e “all’attenzione alle fasce più deboli della popolazione” da parte degli “architetti dell’Italia digitale” e cerchiamo di capire un po’ meglio di cosa si sta parlando. Dal lunedì al sabato, nel prossimo futuro tutti gli uffici postali italiani forniranno accesso gratuito a Internet dalle 8 alle 20 per un massimo di 3 ore. In cambio Poste italiane riceverà il nostro numero di cellulare che sarà libera di utilizzare come crede.

Penso e scrivo da tempo che la retorica del wi-fi gratuito, nelle sue varie forme, abbia intossicato questo Paese. Si tratta di un approccio superficiale e demagogico alla politica delle reti che si ripete da anni e che gode dei suoi necessari profeti pronti a ripeterci, continuamente e sempre con le medesime parole, la filastrocca dell’accesso a Internet come diritto garantito e soprattutto gratuito.

In un Paese che è in fondo a tutte le classifiche europee di accesso alla rete ci viene suggerito che simili iniziative siano il primo segno di una nuova consapevolezza. Se questo fosse vero allora forse sarebbe il caso di dirsi che questa roba non funziona. Sono anni che la retorica dell’accesso wi-fi come volano del cambiamento ci è stata venduta in mille salse (la più ripetuta e barbosa quella delle reti wi-fi comunali): da allora la nostra condizione di peones digitali europei è andata peggiorando. L’altra possibilità – che francamente mi sentirei di suggerire – è che la retorica del wi-fi gratuito sia una delle molte forme contemporanee di digital divide culturale, cavalcata senza troppi scrupoli da moltissimi soggetti differenti.

Il retropensiero che circola un po’ dappertutto è che siamo poco connessi a Internet perché abbiamo pochi accessi gratuiti e questa è evidentemente una stupidaggine di vaste proporzioni smentita da ogni numero o statistica disponibili.

La questione economica dell’accesso probabilmente esiste ma riguarda esclusivamente i collegamenti su rete fissa e interesserà domani in maniera ancora più rilevante l’ultrabroadband. Non è un caso che il piano per la banda ultralarga del Governo preveda (giustamente) un incentivo statale a chi vorrà passare a connessioni più performanti. Per quanto riguarda gli accessi in mobilità invece la questione è inesistente per ragioni di offerta economica e ben spiegata anche da questi numeri recenti di Pew che riguardano gli USA, dai quali emerge chiaramente quello che in fondo già sappiamo: che i più poveri sono connessi a Internet solo da device mobile mentre i ricchi hanno invece anche e soprattutto connessioni casalinghe veloci.

Tutte le volte che leggeremo che il wi-fi del Comune o di Poste Italiane o della Premiata Macelleria Binetti renderà il Paese maggiormente connesso saremo costretti ad immaginare che le ragioni di un simile (piccolo) schieramento di risorse siano altre. Del resto i costi mensili per il traffico dati mobile in Italia sono ormai attorno ai 15 centesimi di euro al giorno e le fasce di popolazione che non sono connesse lo sono perché non gli interessa. Nessuno di costoro utilizzerà la rete wi-fi di Poste Italiane. In questo senso la duplicazione dei servizi di accesso è un costo insensato per chiunque, oltre che un modesto intervento a gamba tesa nel mercato della connettività.

Schivato il benaltrismo su Poste Italiane, azienda largamente inefficiente che si occupa di simili quisquilie e le racconta al mondo mentre contemporaneamente ottiene da Agcom il dimezzamento delle consegne della corrispondenza al domicilio del 25% dei cittadini, occorrerà dire che nemmeno il ritorno di immagine di simili iniziative è oggi più quello di un tempo: le chiacchiere vacue sul digitale gratuito in Italia hanno davvero stancato e perfino i loro profeti mostrano sorrisi sempre meno perfetti.

L’utilità del disporre di accessi wi-fi in Italia resta intatta in un numero relativamente basso di contesti. In ambito turistico, in luoghi “stanziali” come le biblioteche, le università o gli ospedali. Potrebbe mostrare interessanti utilizzi come corsia preferenziale per sbrigare pratiche negli uffici comunali nei confronti di cittadini che necessitino di assistenza e non possano accedere alle medesime procedure online (quando queste saranno finalmente disponibili) ma per il resto fa parte di quella retorica vacua molto ben espressa nelle parole di Francesco Caio.

Siamo gli ultimi in Europa per accesso alla rete. Il wi-fi gratuito e le tante chiacchiere che lo circondano purtroppo non ci salveranno.

Massimo Mantellini

Massimo Mantellini ha un blog molto seguito dal 2002, Manteblog. Vive a Forlì. Il suo ultimo libro è "Dieci splendidi oggetti morti", Einaudi, 2020