Come fare un club del libro

Mi sono convinta che seguire le book-influencer, o diventarne una, sia un tentativo di risolvere uno dei problemi con cui le persone che leggono molto (di seguito chiamate semplicemente “lettrici”) convivono spesso fin dall’infanzia: trovare qualcuno con cui parlare di libri (di seguito chiamato “problema sociale della lettura”).

La lettura è un’attività solitaria, ma per una lettrice appassionata non c’è nulla di più soddisfacente di parlare con qualcuno del libro che si è appena finito, che sia per criticarlo o insultare un personaggio, cercare di risolvere un dubbio o confrontare interpretazioni, ma soprattutto per condividere entusiasmi. Trovare quel qualcuno però è difficile, quasi più difficile che trovare qualcuno con cui fidanzarsi e andare a vivere insieme. Intanto perché le lettrici sono una percentuale ridotta della popolazione, una bolla, come si dice ora, e poi perché anche se si è così fortunate da frequentare parenti, colleghi e amici che leggono, solo in rari casi si finisce a leggere la stessa cosa contemporaneamente.

Lo si dice sempre e dappertutto: ci sono troppi libri. Ne scriviamo da millenni e ogni mese ne arrivano di nuovi, molti più di quelli che si potrebbero leggere in una vita intera. (Vi capita mai di sentir nominare un grande classico e pensare con rimpianto anticipato che molto probabilmente morirete senza averlo letto?) Chi ama molto le serie tv ha cominciato ad accorgersene quando, con i servizi di streaming, abbiamo iniziato ad avere moltissime serie diverse ogni anno, invece che quelle due o tre che guardano e commentano tutti. Il risultato è che le chat di WhatsApp e i post su Facebook dove commentare una serie sono diminuiti. Per i libri, salvo rari casi di particolare successo commerciale, non ce ne sono e basta.

Il risultato è che i libri sono come i sogni: non c’è nessuno che vuole starti ad ascoltare mentre ne parli. Tranne tua madre, che infatti molto spesso ti chiede: «Mi dai un bel libro da leggere?».

Ho sempre pensato che la soluzione ideale al problema sociale della lettura fosse entrare in un club del libro, cioè fare parte di un gruppo di persone che di mese in mese si mette d’accordo per leggere la stessa cosa e poi si incontra per raccontarsela. Ci ho provato: una volta al Circolo dei lettori di Torino, quando vivevo lì; poi con un club del libro a distanza su Facebook, un altro per metà su Facebook e per metà di persona, e infine, per due volte, a distanza su Telegram, dove mi ero illusa che le conversazioni potessero essere più simili a quelle che si fanno a voce.

Ma non ha mai funzionato: c’erano troppe persone e per forza di cose non tutte potevano dire la loro, venivano scelti libri che avevo già letto o che non mi andava di leggere, la persona che conduceva la conversazione (perché in tutti questi club, molto numerosi, ce n’era una) non proponeva dei temi di discussione che mi interessavano, o ero fraintesa quando provavo a esprimere un mio pensierino. Il risultato è sempre stato che in un modo o nell’altro mi annoiavo.

Ho chiesto ad alcune lettrici che ogni tanto parlano con soddisfazione dei loro club del libro su Twitter – uno è a Torino, l’altro a Roma – cosa serve per farne funzionare uno. Angela Rastelli, peraltro editor di narrativa italiana di Einaudi, mi ha raccontato:

Il gruppo di lettura Malagrazie esiste da poco più di un anno ed è composto da una dozzina di lettrici. Siamo tutte donne, ma quando ho scritto su Instagram che mi sarebbe piaciuto creare un gruppo di lettura non ho specificato il genere dei partecipanti. Perciò che siamo tutte donne è un caso, o forse no. A quel punto il nome è venuto facile, dopo alcuni incontri in cui oltre a confrontarci sui libri si rideva molto senza peli sulla lingua. Ma ovviamente il riferimento è a Lessico famigliare di Natalia Ginzburg. Ci incontriamo ogni mese circa: prima lo facevamo di persona a Fronte del Borgo, presso la Scuola Holden, perché la sua direttrice, Domitilla Pirro, è una Malagrazia; ora continuiamo su Google Meet. Non ho idea di ciò che serve per far funzionare un gruppo di lettura. Noi per ora ci divertiamo, continuiamo a scriverci in chat, e non solo di libri a questo punto. I libri li scegliamo in modo democratico, magari seguendo la proposta di qualcuna. Ma se chiedessi alle altre Malagrazie forse ti direbbero che non è vero, tant’è che mi chiamano Preside.

Valentina Aversano, peraltro responsabile della comunicazione online di Minimum Fax, e Carola Moscatelli invece mi hanno detto:

Strategie Prenestine è nato a marzo 2019: siamo partiti in una quindicina di persone e ci sono incontri che ne contano anche trenta. Ci diamo appuntamento una volta al mese in un locale pubblico (adesso solo all’aperto). Per scegliere la lettura del mese sorteggiamo dalla Sacra Buatta (un barattolo di vetro) una parola chiave che ispirerà le proposte: vince il libro votato dalla maggioranza. Ogni parola chiave contenuta nella Buatta è stata scelta e inserita da i vari Strateghi/Strateghe la prima volta che hanno partecipato al gruppo, ma ci sono anche le parole che abbiamo chiesto ai sei finalisti dello Strega 2020. Durante il lockdown abbiamo messo in pausa la discussione della lettura prevista per marzo (La storia dell’amore di Nicole Krauss) e abbiamo organizzato degli incontri su Zoom per chiacchierare in libertà e tenerci compagnia. Da lì è nata l’idea di leggere i libri del Premio Strega e votare il nostro Strega Prenestino: è stato il nostro primo incontro dal vivo post lockdown, il 30 giugno.

Cose che secondo noi fanno funzionare Strategie Prenestine: l’atmosfera rilassata che non inibisce gli interventi anche di chi partecipa per la prima volta; la scelta democratica della lettura del mese, dalla proposta alla votazione; la voglia di collaborare a progetti collaterali per collegare il gruppo al territorio e ad altre realtà culturali.

Le mie ambizioni di lettura sociale sono molto più limitate, e le mie pretese più egoistiche, ma sia nell’esperienza delle Malagrazie che in quella di Strategie Prenestine ci sono punti di contatto con il micro club del libro in cui sono finita grazie alla pandemia.

Siamo in quattro, siamo amiche e non abbiamo un nome. La chat di WhatsApp in cui parliamo di libri ha però un titolo, ovviamente: “L’amica geniale odia Nino”. Il primo romanzo che ci siamo trovate a leggere insieme, a fine marzo, è stato infatti il terzo volume della quadrilogia di Elena Ferrante, che tutte e quattro non avevamo mai finito per diverse ragioni. In poco più di un mese, videochiamandoci una volta alla settimana per commentare le terribili scelte di Lenù e le incomprensibili mosse di Lila, abbiamo finitola quadrilogia. Da sole ci avremmo messo molto meno, ma sarebbe stato tutto molto meno divertente senza spettegolare sui personaggi, le scommesse su cosa sarebbe successo dopo, le fantasie sui possibili attori delle prossime stagioni della serie tv tratta dai romanzi, e i confronti tra gli uomini del rione e persone di nostra conoscenza.

Poi abbiamo provato a rifarlo. Su un foglio di calcolo condiviso ognuna ha incolonnato titoli di romanzi che aveva voglia di leggere e che le sembravano adatti, dopo abbiamo votato. Il primo vincitore, Cronache della famiglia Wapshot di John Cheever, ci è piaciuto ma non andava davvero bene: leggero, divertente e divertito, ci ha intrattenute facendoci dimenticare un po’ lo stress del confinamento a casa, ma non c’era abbastanza da spettegolare sui personaggi per parlarne una volta a settimana. Con la scelta successiva abbiamo aggiustato il tiro, puntando su qualcosa che, sapevamo, aveva atmosfere alla Downton Abbey e prometteva senso dell’umorismo inglese discendente da quello di Jane Austen: L’amore in un clima freddo di Nancy Mitford. Perfetto. Abbiamo ricominciato a uscire di casa nel frattempo, quindi ora ci troviamo per parlare di ciò che abbiamo letto una volta al mese, a libro concluso. Entro la fine di agosto proveremo ad arrivare in fondo alle 500 pagine dell’Amante del vulcano di Susan Sontag. Siamo tra amiche, se qualcuna sfora non è grave e si aspetta.

Magari tra due mesi ci saremo stufate, ma ora come ora ho l’impressione di aver trovato le mie regole d’oro per tenere insieme socialità e lettura. Sono queste:

  1. Per funzionare un club del libro deve avere un numero di partecipanti che si conta sulle dita di una mano.
  2. Le lettrici devono avere parecchie cose in comune, o volersi bene.
  3. È più bello se non c’è un capo che dà una direzione alla conversazione.
  4. Tutte devono essere convinte dei romanzi scelti.
  5. I romanzi in questione devono aprire porte o finestre per parlare d’altro.
  6. E avere personaggi su cui sia divertente spettegolare, o fare speculazioni.
  7. Se ci si rompe, si cambiano le regole.
Ludovica Lugli

Nata a Modena nel 1991, se fosse nata nel 1941 avrebbe fatto la libraia. Ha studiato fisica per un po’, ma forse avrebbe dovuto scegliere biologia dato che gli animali le piacciono più del grafene.