Il metodo Renzi

Siccome mantengo una cospicua stima per Matteo Renzi, penso non stia facendo scelte che gli valgono così tanti scetticismi e così tante delusioni (non parlo di me, guardate i giornali tutti) perché è più sciocco o ignorante di noialtri sui nostri divani. Tendo a pensare che abbia un piano, benché sappia che la sopravvalutazione di sé può confondere la visione anche dei più brillanti.
E il piano più credibile di Renzi mi pare suggerito da quello che ha fatto nelle ultime settimane.

Matteo Renzi è entrato rapidamente – in un momento di stallo sfinente e fallimentare – sull’unica questione su cui poteva mostrare efficienza e concretezza, la questione della legge elettorale, e ha mostrato a tutti che era in grado di sbrogliare una situazione che sembrava invincibile, meravigliando persino molti suoi critici. Forte di questo credito guadagnato, e del confronto tra questa concretezza e l’impaludamento del governo Letta, si è fatto dare il governo con un colpo di mano, tra diffidenze ma anche molto consenso. Nel frattempo la questione della legge elettorale pare avere rallentato assai la sua spinta iniziale, e l’ottimismo dei primi giorni si è assai indebolito. Non dico che a Renzi non interessi – non lo credo, anzi – ma evidentemente ha raggiunto un obiettivo più importante, e persino più facile.

Adesso penso che Renzi stia provando a fare la stessa cosa.
Inciso: lo scrivo sempre, io non credo ai grandi piani e ai grandi disegni, ma a variabili, accidenti, concorsi di intenzioni che si sommano e influenzano, e vale anche per questa ipotesi.
Renzi ha di nuovo impressionato tutti – per ognuno di noi addetti ai lavori scettici sui modi ci sono decine e centinaia di elettori che invece vedono il suo successo – ottenendo un risultato pazzesco con grande accelerazione: è capo del governo, a 39 anni, senza essere stato mai eletto in parlamento. E ha annunciato di nuovo grande rapidità nell’affrontare diversi temi delicati: io credo che lo saprà fare, confermando nei prossimi cinque mesi di poter accelerare processi in letargo e poter bruciare diverse tappe, come si dice.
A quel punto – ammesso che gli vada bene e questo piano funzioni: altrimenti lo assesterà come la politica sempre impone – avrà scongiurato o limitato una catastrofe elettorale alle europee, e avrà scongiurato una catastrofe elettorale temuta se si fossero fatte elezioni parlamentari subito (evitare elezioni in cui il M5S rischiasse di vincere è stata la motivazione di molti costruttori del governo Renzi, e anche del presidente Napolitano). A quel punto sarà diventato Matteo Renzi che in cinque mesi ha messo in moto quattro riforme importanti – come era già diventato Matteo Renzi che aveva sbloccato la legge elettorale – e potrà presentarsi alle elezioni con meno rischi e un consenso più ampio e certo. Sosterrà che ha bisogno di un governo più suo, più omogeneo e complice, e di un parlamento che permetta che queste riforme si completino: e si dimetterà per ottenere le elezioni, vincerle e fare un vero governo renziano.

Lo so, lo so: è solo un’ipotesi tra molte. Credo che lo sia anche per Renzi.

Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).