L’importanza di “Skam Italia”

Se ci pensate, è successo tutto abbastanza velocemente. Nel 2018, sono state distribuite le prime due stagioni di Skam Italia e nel giro di pochi mesi quella che era nata come una webserie per TimVision è diventata un cult tra gli adolescenti, uno di quei titoli imprescindibili che riescono a raccontare la normalità con la normalità. I protagonisti sono studenti romani, e ogni stagione si concentra sulla vita di uno di loro, approfondendola, mostrandola sinceramente, sfruttando trovate comunicative come le clip, una distribuzione scandita nel tempo, e un uso costante e intelligente dei social network.

Skam Italia, però, non nasce nel nostro paese. Nasce in Norvegia, intorno al 2015. Dopo il successo di quella prima serie, ci sono stati diversi remake. “Skam” significa vergogna, ma non è la vergogna che questa storia vuole raccontare. Piuttosto sono la diversità dei protagonisti, le sfide quotidiane, la responsabilità di una generazione giovane, spesso criticata, a cui non sono mai state date molte possibilità e molte scelte, presa tra due fuochi: la vita là fuori, con i compagni di classe e gli amici; e la vita in casa, con genitori che non capiscono, che magari sono assenti, che aiutano come possono.

Skam affonda le sue radici nel realismo, e nel realismo costruisce la sua narrazione e la caratterizzazione dei protagonisti. C’è un gruppo di amici, e di quel gruppo di amici, tra alti e bassi, ci viene detto tutto. La prima ad avere l’idea di portare Skam in Italia è stata la Cross Productions di Rosario Rinaldo, affiancata dal regista e sceneggiatore Ludovico Bessegato. Bessegato ha 36 anni e viene da Milano; ha ambientato la sua Skam a Roma, in un liceo della città, e ha scelto attori che fossero, prima di tutto, credibili.

Ha fatto un lavoro curato e attento, tenendo sempre a mente la lezione della serie originale – il modo migliore per raccontare la verità è attraverso la verità – e cercando soprattutto di non tradirne lo spirito. Perché Skam, in Italia, era già arrivata. Un seguito di appassionati c’era già. E anche se inizialmente, all’annuncio di un remake italiano, la risposta non fu particolarmente entusiasta, con il tempo – e con le stagioni – i fan sono diventati i migliori alleati di Bessegato e di Cross. Ma facciamo un passo indietro, e torniamo all’acquisizione dei diritti del remake.

Per procedere, serviva un broadcaster: qualcuno, cioè, che distribuisse la serie. Ci furono diverse offerte. Ma alla fine chi riuscì a spuntarla fu TimVision che assicurò a Bessegato e a Cross Productions la massima libertà e il massimo appoggio creativo: nessun intervento sui contenuti, sulla storia, sulla rappresentazione dei giovani, dei loro problemi, del sesso; nessuna mediazione nel linguaggio, nell’utilizzo della musica, dei termini, e dei social. E così nacque Skam Italia. E nel giro di due anni, non solo si è imposta come una delle migliori serie teen italiane, ma pure – per la sua onestà narrativa, per la sua attenzione alla qualità e alla messa in scena – come una delle migliori serie in assoluto.

La lezione che avevano imparato altre produzioni come “Gomorra” qui è stata tradotta con più naturalezza e semplicità: storie locali per un pubblico potenzialmente internazionale; il talento italiano al servizio di un racconto che non ha limiti, che non ha confini, e che nei sentimenti dei suoi protagonisti, in quello che vivono, può trovare un contatto con chiunque. Diventano fondamentali, a questo punto, il lavoro che hanno fatto scrittura – firmata dallo stesso Bessegato e, di stagione in stagione, da Anita Rivaroli, Marco Borromei, Alice Urciolo, Ludovico Di Martino e Sumaya Abdel Qader (consulente) – e regia. Perché sono state in grado di mettere a fuoco una situazione, un momento preciso, e l’hanno fotografato. Questa è la storia di Eva (Ludovica Martino), questa è la storia di Martino (Federico Cesari); questa è la storia di Eleonora (Benedetta Gargari). E questa è la storia di Sana (Beatrice Bruschi).

Sesso, religione, diversità, normalità, problemi quotidiani che diventano, nella loro bidimensionalità, questioni fondamentali e insormontabili, che finiscono per cambiare profondamente i protagonisti. Nella prima stagione, Skam Italia ha trovato il suo linguaggio e la sua voce; nella seconda, è riuscita a imporsi affrontando temi di un’attualità estrema; nella terza, ha fatto sintesi e tesoro di quello che aveva imparato precedentemente, ed è riuscita a tenere un andamento e una narrazione costante. Nella quarta, che uscirà su Netflix e TimVision il 15 maggio, affronterà nuovamente la diversità, ma da un altro punto di vista.

Nei due anni in cui Skam Italia è stata distribuita e vista e commentata, sono successe diverse cose. Dopo la terza stagione, nel 2019, sembrava improbabile un rinnovo per nuove puntate. Alla fine dell’anno, a TimVision si è affiancato il servizio streaming di Netflix, che ha ricaricato le precedenti stagioni nel suo archivio e che ha sostenuto Cross Productions. E tutto questo per due motivi.

Il primo: la passione di Bessegato. Anche senza avere nessuna certezza, grazie all’impegno produttivo di Cross, ha continuato a lavorare alla quarta stagione, a scriverla, a metterla insieme, a studiare la comunità musulmana italiana, e a lavorare con gli attori. Il secondo: i fan. Skam Italia, rispetto ad altri titoli, non ha bisogno di una comunicazione convincente o della cassa di risonanza dei media. Funziona già così, funziona già da sola. Ha una delle community più attive e attente del piccolo schermo italiano. È diventata importante per il pubblico (un pubblico, attenzione, con un target preciso) e anche per il nostro mercato. Ha fatto da apripista alle serie teen. Ha rimesso al centro i ragazzi e la loro visione. È riuscita a diventare, a modo suo e con i suoi tempi, la nostra Skins (E4, UK, 2007), ovvero il racconto di una generazione intera – meno estremo e anche meno eccessivo; ma comunque capace di catturare l’attenzione degli spettatori, e di dargli quello che hanno sempre voluto: essere trattati alla pari, sinceramente, senza inutili banalizzazioni.

Skam Italia ha in parte riscritto le regole dell’industria televisiva in Italia. Perché prima ancora di essere sostenuta da un broadcaster è stata sostenuta da una produzione e da uno showrunner, che si sono fatti carico di spese, rischi e problemi. E perché la diversità, in questa storia, non è altro che la “nuova normalità”: la visione dei giovani, la loro apertura mentale, il fatto stesso di essere costantemente connessi, li rende più aperti, più coraggiosi, più empatici; e li trasforma in intermediari perfetti tra il mondo di ieri e il mondo di oggi, tra i pregiudizi e l’accettazione, tra la paura e la consapevolezza. Diverso non è male; diverso è ognuno di noi.

Skam Italia ha lasciato un segno, ed è un segno profondo. Di serie così, pensate, scritte e dirette con la stessa cura, con un cast di ragazzi talentuosi, con la capacità straordinaria di parlare del mondo, della realtà, senza mitizzarli o appiattirli, ce ne sono veramente poche. E non solo nel nostro paese. Skam Italia racconta, prima di tutto, la verità della vita; e la racconta nelle sue imperfezioni, nei suoi incidenti, senza nascondersi, senza esagerare e senza prendere in giro nessuno. In due anni, ha scosso le coscienze di chi l’ha guardata – talvolta letteralmente, come testimoniano i tanti messaggi e e-mail che sono arrivati al cast. E ha intercettato un pubblico che, per troppo tempo, era stato ignorato. E ora c’è, fa parte della nostra quotidianità: è un punto di riferimento, un esempio; qualcosa da usare, qualcosa da cui, volendo, partire. E magari è solo una goccia nell’oceano, è una serie ancora – in un certo senso – di nicchia, vista da troppo pochi per poter fare, davvero, una rivoluzione (ne siamo sicuri?). Ma esiste, e già questo, per noi, per la tv, per i fan, è straordinario.

Gianmaria Tammaro

Napoletano convinto dal '91. Scrive di cinema, serie tv e fumetti. Gli piace Bill Murray. Il suo film preferito è Ricomincio da tre.