L’antivaccinismo savant e il labirinto enigmistico

Nel dibattito, sempre più intricato e polarizzato allo stesso tempo, sostenuto dai no green pass e da un certo antivaccinismo dotto, savant, ho come l’impressione che si faccia un po’ il gioco del labirinto dei giornali enigmistici, con la differenza che non si segue il labirinto partendo dall’entrata verso l’uscita, ma da un’uscita immaginata, a ritroso, verso il punto in cui siamo.

Vorrei essere chiaro: Si può pensare, con prospettiva storica, che green pass e vaccinazione possano essere l’inizio di un processo che distopicamente porti (e non che sia già) a uno stato di controllo della popolazione sotto la minaccia della salute, con tutto ciò che questo comporta? In un senso del tutto teorico, sì. Ed è assolutamente positivo che ci sia chi lo sottolinea con forza e tenacia.

E se si pensa alla vicenda pandemica e alle risposte degli stati, avendo in mente questa visione distopica, ci si può convincere che questa prospettiva sia non soltanto teorica, ma che sia effettivamente quello che sta succedendo? A quanto pare, sì.

Tuttavia la storia e tutti i processi storici visti nella loro realizzazione concreta non sono deterministici. Accanto a una via che si realizza – cosa che risulta visibile a posteriori e neanche in modo così limpido – esistono tante altre vie pur percorse che si esauriscono, che risultano vicoli ciechi, non nel senso che non portano da nessuna parte, ma nel senso che non hanno condotto ad altri effetti che, a posteriori e solo a posteriori, siano ricostruibili come una via retta o una strada aperta. Queste vie laterali, in sé, esistono in ogni presente (perché il presente non è prefigurazione del futuro, è presente, con tutte le sue possibilità, non infinite ma molteplici) e sono esistite sempre, anche se ne abbiamo perso memoria.

Dunque si può certamente pensare che green pass e vaccini siano potenzialmente l’inizio di una strada distopica, e quindi vigilare, ma credere che necessariamente ciò avverrà se non si rifiutano in blocco vaccini e green pass (metto insieme cose distinte, lo so) e che siamo nella realtà del primo concreto passo in quella direzione significa decidere di ignorare tutte le vie laterali, i vicoli, le realtà concrete che non generano gli effetti che condurranno a quella distopia, ma che porteranno ad altre conseguenze e determinazioni (per es., banalmente, a salvare le nostre società dagli effetti di una pandemia non governata), cioè significa decidere, con un atto fideistico (e su questo fideismo avrei da aggiungere, e lo farò altrove, perché è un processo estremamente interessante di sottrazione, ma anche di trasformazione e arricchimento, per alcuni aspetti, dei legami della comunità), di ignorare le possibilità storiche, cioè di ignorare, tra l’altro, una gran parte del presente. Certamente – aggiungo -, il fatto che ci siano così tante persone che credono nell’imminenza di una dittatura sanitaria è storicamente interessante, anche se questa dittatura non ci sarà, così come è interessante che, per esempio nel medioevo, ma anche in età moderna, ci siano stati gruppi di persone che hanno creduto all’imminenza della fine del mondo, anche se la fine del mondo non c’è stata (ed è questo un esempio di vicolo cieco, che però ha alimentato azioni e pensieri).

In questo senso il labirinto dei giornali enigmistici viene percorso al contrario, cioè da un “a posteriori” che elimina tutte le altre possibilità. Nel gioco del labirinto sappiamo che c’è un’uscita, ma non sappiamo dove e quindi per noi tutte le strade sono percorribili. Nel gioco dell’antivaccinismo “savant”, che si fa al contrario, sappiamo già che alla fine c’è la distopia. E da lì torniamo indietro, verso il punto in cui siamo adesso. E dunque, peraltro, non possiamo accorgerci delle altre strade. Ma i vicoli ciechi del gioco sono il nostro presente e nessuno ha disegnato il labirinto per noi, quindi quei vicoli ciechi potrebbero in realtà dischiudere le vie (più di una) di quel che succederà, mentre la distopia potrebbe essere una semplice possibilità che non si realizza.

Se la visione distopica fosse proprio questo, cioè una possibilità teorica (e teoricamente ben concreta), che magari sarà scartata dalla storia? Pensare che sia certamente la strada maestra non è un’incomprensione della storia e non una sua conoscenza? Non è un atto fideistico pensare davvero che in questo momento ci voglia un Comitato di Liberazione Nazionale, come ai tempi del fascismo, e non prendere in considerazione nessun altro indizio contrario? Del resto non è forse un caso che ad alcuni esponenti dell’antivaccinismo “savant” o del no green pass integrale, sia stato contestato, per esempio, un uso scorretto dell’analogia storica (cioè di un uso del passato completamente decontestualizzato) o anche, in tempi non sospetti, un disinteresse, se non addirittura un disprezzo, per la storia e i suoi meccanismi.

Tutto questo per dire che il dibattito è, sì, estremamente utile, perché i processi in corso sono inediti e quindi misteriosi (anche se per alcuni giocatori del labirinto al contrario non sono inediti, ma ricalcano i fascismi), ma non sarebbe forse meglio – da ambo le parti – assumere gli elementi distopici per disinnescarli, per depotenziarli, per fare in modo che non si verifichino, tenendo conto che se la pandemia non viene governata le nostre società potrebbero esserne squassate? Il dominio della tecnica, che però ci promette di salvarci, sta facendo ulteriori passi avanti? Forse sì, che cosa dovremmo fare allora per prendere il buono o difenderci dal peggio? La nostra idea di libertà sta cambiando? Forse sì, come fare allora per non trasformarla nel suo contrario, ma anzi potenziarla, tenendo conto di forse nuove antropologie che si prospettano? C’è davvero solo dittatura sanitaria, distopia, dominio incontrollato della tecnica davanti a noi?

Gianluca Briguglia

Gianluca Briguglia è professore di Storia delle dottrine politiche all'Università di Venezia Ca' Foscari. È stato direttore della Facoltà di Filosofia dell'Università di Strasburgo, dove ha insegnato Filosofia medievale e ha fatto ricerca e ha insegnato all'Università e all'Accademia delle Scienze di Vienna, all'EHESS di Parigi, alla LMU di Monaco. Il suo ultimo libro: Il pensiero politico medievale.