I santi di Salvini

Che un politico come Salvini – privo di cultura politica propria, ma dotato di un grande istinto politico – cerchi di costruire percorsi anche ibridi di sostegno culturale e intellettuale alla sua azione non è per nulla strano. Che l’elemento religioso stia sempre di più entrando nel suo modo di raccontarsi è pure evidente, almeno dall’esibizione del Vangelo nella campagna 2018, fino alle foto su Padre Pio, oltre naturalmente alle citazioni del discorso al Duomo.

Si tratta naturalmente di un uso della religione che, per il momento, non arriva neppure al livello di una valenza ideologica chiara. È, al limite, un semplice uso identitario dei simboli religiosi, direi quasi un esperimento, un tentativo di ibridazione in attesa di comprendere se quella religiosa sia una strada percorribile (e probabilmente in quanto tale non lo è). Forse qualcosa di simile a quello che la Le Pen, erede del padre e di altro, ogni tanto tenta ancora stancamente con la povera santa Giovanna d’Arco, patrona di Francia (santa e patrona dal 1920).

Niente di nuovo: la storia europea anche è un intreccio di ideologie politiche e religiose, di segni identitari costruiti e abbandonati alla bisogna. Che uno come Salvini tenti la carta del simbolo religioso è solo un episodio in più, interessante e però un po’ strampalato (ma non per questo banale, perché l’avventurismo è quasi sempre un percorso strampalato compiuto un po’ per caso da uomini senza cultura politica o pronti a cambiare la propria, ma con grande istinto politico, nel momento storico giusto).

Semmai quello che ho trovato divertente è che Salvini si sia messo a citare dei santi che avrebbero potuto benissimo essere citati da un europeista convinto per dire esattamente il contrario di quello che pensano i sovranisti. Giocando un po’ con le cose e con il passato – così come ogni discorso politico fa per essere convincente e vivo – potremmo dire che basterebbe vedere una mappa dei monasteri benedettini nei secoli per capire quanto i paesi europei siano tra loro interconnessi da sempre; Cirillo e Metodio integrarono alla cultura e al destino europeo i paesi slavi; Brigida di Svezia girò mezza Europa, aiutando i poveri e creando una cultura nuova, più accessibile ai molti; Caterina da Siena ebbe una visione complessiva dei fenomeni che si dispiegava su tutto il continente, con rapporti con papi, imperatori, governanti; Edith Stein, e qui si gioca meno, ebrea di nascita, morì ad Auschwitz, in un’Europa dilaniata che non dovrà tornare più. Insomma, viva l’Europa (che peraltro, non dimentichiamolo, potrebbe anche essere intesa da qualcuno in senso beceramente sovranista, come fortezza assediata, da difendere e quindi, perché no, da cristianizzare per fini identitari e non certo di fede o credenza).

Molti poi si sono offesi per il riferimento di Salvini alla Madonna, alla quale il leader dei sovranisti ha affidato il destino proprio e, non si sa bene a che titolo, quello dei presenti e quello dell’Europa. Per farlo però, avrebbe potuto benissimo indirizzarsi, e nessuno si offenda se rilevo il particolare curioso, proprio a una bandiera dell’Unione Europea: il colore della bandiera e la disposizione delle stelle sono un richiamo diretto all’iconografia mariana (tanto che il populista di sinistra francese Mélenchon, che non brilla per europeismo, chiese ufficialmente, nel 2017, che fosse tolta la bandiera europea dal parlamento francese, in quanto riferimento confessionale).

Certo, quando accettarono la proposta dell’illustratore Heitz nel ’55, i famigerati burocrati europei non lo sapevano, ma Heitz, strasburghese, era cattolico di quelli tosti, alla francese, e si era ispirato, a quanto da lui riferito decenni dopo, alla “medaglia miracolosa dell’Immacolata” (se passate a rue du Bac a Parigi andate a dare un’occhiata) e a un versetto dell’Apocalisse “Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una Donna vestita di sole con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle”.

Salvini per arrivare al potere è stato prima separatista e poi nazionalista e antieuropeista. Finirà che per le vie traverse della politica, ancora più piene di folgorazioni delle vie che portano a Damasco, ce lo ritroveremo, prima o poi, europeista convinto.

Gianluca Briguglia

Gianluca Briguglia è professore di Storia delle dottrine politiche all'Università di Venezia Ca' Foscari. È stato direttore della Facoltà di Filosofia dell'Università di Strasburgo, dove ha insegnato Filosofia medievale e ha fatto ricerca e ha insegnato all'Università e all'Accademia delle Scienze di Vienna, all'EHESS di Parigi, alla LMU di Monaco. Il suo ultimo libro: Il pensiero politico medievale.