Sono stato alla Scala

Sono stato alla Scala a vedere la Turandot che ha inaugurato l’Expo. Mi è piaciuta tanto. Il mio posto era proprio sopra quello di Matteo Renzi. Prima dell’inizio dell’opera il maestro Chailly e l’orchestra hanno suonato l’Inno nazionale e tutti ci siamo alzati in piedi. Ecco il filmato dell’Inno. Quello che si vede sotto a un certo punto è Matteo Renzi.

Nel pomeriggio ero stato all’Expo a visitare l’Expo. Mi è parso abbastanza facile da raggiungere, abbastanza finito, abbastanza allegro, abbastanza affollato. Purtroppo pioveva e tutti eravamo anche abbastanza bagnati. All’inaugurazione c’erano tutti: il sindaco Pisapia, il presidente della Lombardia Maroni, il presidente Renzi e il presidente Prodi, ma il presidente Renzi non ha nominato il presidente Prodi. Papa Francesco ha mandato un messaggio. In alto, nel cielo, sono sfrecciate le frecce Tricolori.

Durante la visita ho incontrato molte persone – architetti, scrittori, interpreti, giornalisti iperottimisti e giornalisti ipercritici – e tutti mi hanno parlato di Renzi: metà era felice che qualcuno finalmente decidesse qualcosa senza consultare ogni corrente, associazione o individuo coinvolti nella decisione; metà era terrorizzata che qualcuno decidesse qualcosa senza consultare ogni corrente, associazione o individuo coinvolti nella decisione. Ho notato che entrambe le fazioni utilizzano con frequenza sconsiderata il pronome “LUi”.

Poi, dicevamo, sono andato alla Scala.
Le personalità erano numerose.

Mario Monti arriva in taxi, qualcuno lo chiama ad alta voce: «Presidente!». Mario Monti si gira. «Hai rovinato l’Italia!», si sente. Qualcuno ride.

Dalla mia postazione in galleria, praticamente il loggione, osservo tutti dall’alto: il presidente Giorgio Napolitano e la signora Clio – qualcuno ha gridato : «W Re Giorgio!» –, Gianni Letta, Roberto Maroni, Natalia Aspesi, Giorgio Armani in giacca e cravatta, Renato Balestra vestito da Renato Balestra.

Ma gli occhi di tutti, da quando le luci si accendono a quando si spengono, sono per Matteo Renzi che è seduto nel palco reale, proprio sotto di me, con la moglie Agnese vestita di nero e la figlia – una bambina molto carina – vestita di bianco. Nel palco si intravede anche il ministro Martina.

Renzi ascolta, applaude, spiega cose nell’orecchio alla figlia, dice cose alla moglie, ha un vestito scuro e la cravatta scura e la camicia bianca e negli intervalli va nel foyer.

Io spio i suoi movimenti per capire se la curiosità, l’ostilità e la speranza che lo circondano non gli siano rimaste appicciccate addosso, se il culto nascente della personalità – nell’odio come nell’amore – non rischi di trasformare anche il più mite dei politici in un caudillo maleducato, ma mentre penso questi pensieri, il Secondo Atto volge al termine e il Coro della Turandot si rivolge all’Imperatore, padre di Turandot.

Folla
Ai tuoi piedi ci prostriam, Luce,
Re di tutto il mondo!
Per la tua saggezza,
per la tua bontà,
ci doniamo a te,
lieti in umiltà!
A te salga il nostro amor!
Diecimila anni al nostro imperatore!
A te, erede di Hien-Wang,
noi gridiam:
Diecimila anni al nostro imperatore!
Alte, alte le bandiere!
Gloria a te!…

(qui nell’esecuzione del Coro del Teatro alla Scala del 1957)

Mentre il coro strepita acuti e bassi di giubilo servile, fisso Renzi alla ricerca di un indizio, di un piccolo gesto che comprovi che si sta crogiolando al pensiero quel coro sia rivolto lui, e non lo so se in cuor suo non si sia davvero sentito tronfio e non gli sia venuta voglia di alzarsi in piedi a salutare la folla come Mao Tse Tung. So che non lo ha fatto. Per ora. Per ora non si è mosso. Ha applaudito composto, spiegando qualcosa alla figlia. Ma so anche che se dovesse mai farlo non si mancherà di notarlo.

All’uscita ha sorriso a chi lo salutava. Sembrava un po’ stanco.

Giacomo Papi

Giacomo Papi è nato a Milano nel 1968. Il suo ultimo romanzo si intitola Happydemia, quello precedente Il censimento dei radical chic. Qui la lista dei suoi articoli sui libri e sull’editoria.