Montezemolo e Telethon

Tutti aspettano il 14 dicembre per conoscere le sorti del governo e della politica italiana. Io pazienterei ancora un po’ per avere un quadro più chiaro, almeno altri tre giorni, fino al 17 appunto, quando comincerà la lunga maratona televisiva di Telethon (che si concluderà il 19) per raccogliere fondi da destinare alla ricerca per combattere le malattie genetiche. Un’ottima occasione di visibilità per il suo presidente Luca Cordero di Montezemolo che ha raccolto nel giugno 2009 il testimone di Susanna Agnelli che lo aveva espressamente designato suo successore. L’insolito massimo riserbo di questi giorni del presidente della Ferrari, poi, avvalora l’ipotesi che qualcosa circa il suo futuro in politica stia bollendo in pentola.

D’altronde, nella puntata del 21 novembre della trasmissione tv “Che tempo che fa” di cui era ospite, Fabio Fazio inconsapevolmente qualche “indizio” lo aveva fornito: «Presidente, quando ci siamo parlati prima di cominciare questa intervista mi ha chiesto di farle una domanda su Telethon». E subito era scattata la prevedibile risposta sull’importanza del gioco di squadra, su quanto siano bravi i ricercatori che ci lavorano, sul valore strategico degli accordi di collaborazione con le aziende farmaceutiche, eccetera, eccetera.

Diciamolo subito, a scanso di equivoci: Telethon è un prezioso gioiello del settore nonprofit italiano, vi prestano la propria opera persone straordinarie e le rendicontazioni dei soldi ricevuti e spesi sono un esempio encomiabile di trasparenza e corretto impiego. D’altronde se gli italiani, anche in tempi di acuta crisi economica, non hanno mai fatto mancare le loro donazioni (lo scorso anno è stato raggiunto il record con oltre 31,2 milioni di euro), è perché avvertono che lì c’è gente seria e responsabile che svolge un lavoro egregio.
Ma proprio per questo ancora non mi è chiaro quale sia il “valore aggiunto” che Montezemolo possa apportare a Telethon. Anzi al momento, a poco più di un anno dall’insediamento al vertice, forse è più Telethon (ormai una macchina solida e ben collaudata) a poter fare qualcosa per Montezemolo (se non altro in termini di buona visibilità) che non il contrario.
In altre parole, una cosa era avere una numero uno come Susanna Agnelli, ideatrice dell’evento nel 1990 e con una lunga tradizione alle spalle di impegno personale nel nonprofit (penso, per ricordare un’iniziativa, alla Fondazione Il faro di Roma, da lei fondata e presieduta, attiva nella formazione e nell’inserimento lavorativo di giovani in difficoltà). Un’altra cosa è Montezemolo, che non mi risulta annoveri nel suo lungo curriculum esperienze particolarmente significative di impegno diretto, “sul campo”, nel settore nonprofit. Né sono dell’avviso che bastino i numerosi incarichi ricoperti in questi anni (Confindustria, Fiat, Luiss, Ferrari, Fieg, Fiera di Bologna, tanto per citare alcune presidenze) a garantire che anche nel mondo della solidarietà ci sappia fare.

Conosco gli argomenti, a dire il vero piuttosto usurati, di chi sostiene che avere al vertice di un’organizzazione nonprofit un nome di “peso” come quello di Montezemolo significhi poter contare su maggiori possibilità di intercettare risorse finanziarie. Già, ma l’entità di queste risorse aggiuntive va commisurata alle peculiarità del “testimonial”. E, francamente, io da Montezemolo non mi aspetto che affermi cose che tutti conoscono per fare appello alla generosità degli italiani. Ripeto, il miglior invito a donare sono i lusinghieri risultati raggiunti dalla ricerca scientifica grazie a Telethon. Da Montezemolo mi aspetto che faccia ben altro, qualcosa appunto di commisurato al suo “status” (egli stesso ha dichiarato che si considera una persona fortunata e privilegiata e proprio per questo avverte il bisogno di restituire qualcosa alla società).
Cos’è che, verosimilmente, tutti sanno dello status di Montezemolo? Che ha un sacco di soldi. Bene, è allora su questo fronte che dovrebbe impegnarsi a dimostrare di poter rappresentare un valore aggiunto per Telethon.

Mi viene quindi da suggerirgli, in proposito, di cominciare con il fare nel prossimo week end, in apertura della maratona televisiva, una cospicua donazione di tasca propria, dell’ordine di un paio di milioni di euro (un terzo circa del suo reddito percepito lo scorso anno). E poi di rivolgere un accorato appello ai suoi tanti amici imprenditori e manager a fare altrettanto. Pensate come sarebbe bello se almeno in dieci seguissero le sue orme e il contatore della raccolta fondi potesse partire già da 20 milioni di euro.
Questa estate è stato dato ampio risalto alla missione intrapresa da due tra gli uomini più facoltosi del mondo, Bill Gates e Warren Buffet, che hanno già deciso di destinare oltre l’80 per cento del proprio patrimonio (che ammonta a diverse decine di miliardi di dollari) a scopi filantropici. Gates e Buffet, armati di santa pazienza e ferrea volontà si sono messi a girare gli Stati Uniti e la Cina, per convincere i loro colleghi miliardari a impegnarsi pubblicamente a destinare in beneficenza nei prossimi anni almeno metà del patrimonio accumulato in carriera. E finora già più di 40 super ricchi hanno aderito.
Fatte le debite proporzioni, Montezemolo potrebbe cimentarsi in un’impresa simile. Allora sì che avrebbe, tra le altre cose, un vincente asso nella manica da giocarsi, se vuole, anche in politica: come realizzare, in concreto, almeno un po’ di giustizia sociale.

Francesco Maggio

Economista e giornalista, già ricercatore a Nomisma e a lungo collaboratore de Il Sole24Ore, da molti anni si occupa dei rapporti tra etica, economia e società civile. Tra i suoi libri: I soldi buoni, Nonprofit (con G.P. Barbetta), Economia inceppata, La bella economia, Bluff economy. Email: f.maggio.fm@gmail.com