Jiro sogna le stelle

Tokyo, 27 novembre, 239 giorni alle olimpiadi

Credo fosse il 2008, con un mio amico e i suoi genitori siamo andati a mangiare il sushi a Sukiyabashi da Jiro, che allora non era sulla guida Michelin , non era protagonista di un documentario né aveva sfamato Obama. Un pasto memorabile: mi ricordo che il riso e il pesce erano a una temperatura assolutamente perfetta, in bocca si innescava un’esplosione tra il sapore del pesce, i condimenti aciduli, i grassi naturali dei migliori tagli e la cottura perfetta del riso. È stata un’esperienza diversa da qualsiasi pranzo o cena mai provati prima o dopo. Eravamo gli unici quattro clienti nel ristorante; davanti a noi, dall’altra parte del bancone, quattro itamae (così si chiamano i cuochi) maneggiavano gli ingredienti in modo impeccabile e servivano un nigiri (la polpetta di riso con sopra il pesce, il pezzo di sushi, insomma) dopo l’altro, a un ritmo un po’ troppo elevato. La madre del mio amico non era una gran mangiatrice, e quando ha cominciato a rallentare, lasciando aspettare il sushi per troppo tempo dopo che era stato preparato, il figlio di Jiro le ha fatto notare che era meglio che si muovesse. Da lì la signora ha cominciato a cedermi qualche nigiri e io l’ho aiutata volentieri. A fine pasto Jiro mi ha detto che era felice che gradissi così tanto il sushi, anche se i pezzi che aveva preparato per lei avevano una quantità di riso inferiore alla media e non erano stati pensati per le mie esigenze. Ecco, è stata un’esperienza speciale ma a un pasto da Jiro manca una qualità indispensabile per il ristorante di sushi: l’affabilità del cuoco, le chiacchiere conviviali tra commensali e ristoratore. Se poi si pensa che quel pranzo per quattro costava come un mese del mio stipendio e per giunta una di noi è stata sgridata, capisco quelli che non ci andrebbero mai.

Nella guida Michelin del 2020 la susheria di Jiro non ci sarà: non accetta più prenotazioni se non da clienti abituali o tramite alberghi selezionati, quindi perde le sue 3 stelle “a tavolino”. Questa notizia, nonostante mi abbia ricordato quella famosa cena e abbia fatto nascere questo post, è irrilevante: scegliere i posti per mangiare da una guida mi pare un metodo sbagliato, e spero sempre che ristoranti e osterie che amo non abbiano recensioni su libri, riviste o alla televisione. A quel punto cominciano le file, l’affollamento e la qualità peggiora quasi sempre. Da anni Tokyo è la città più stellata sulla guida Michelin, ma non è la capitale dei gourmet per questo. Tokyo è la città dove si mangia meglio al mondo perché è colma di trattorie sconosciute, localini di quartiere con cuochi fenomenali e matti, osterie misteriose che vanno trovate per caso, passandoci davanti, quando le stelle non le illuminano.

Flavio Parisi

Flavio Parisi @pesceriso vive in Giappone dal 2004, insegna italiano all'Istituto Italiano di Cultura di Tokyo, e l'opera lirica in una università giapponese. Il suo blog personale è Pesceriso.