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Il cantante Ermal Meta, vincitore del Festival di Sanremo nel 2018, ha pubblicato un paio di tweet in cui spiegava di aver “scoperto” un particolare modo di scrivere sul social network usato principalmente da chi vuole criticarlo o prenderlo in giro, per evitare che i tweet siano trovati con una normale ricerca testuale. È una specie di codice che esiste da diversi anni ed è noto come leet o leet speak. Molto semplicemente, prevede che al posto di certe lettere si usino dei numeri graficamente simili (per esempio il 3 al posto della “e”, o il 4 al posto della “a”). In modo che, criticando per esempio 1l P05t, un’eventuale ricerca escluda i tweet che si vogliono tenere un po’ nascosti.

Il “59”, invece, non c’entra. È un modo che Meta ha scelto per evitare di scrivere “cazzo”, visto che in un recente video del programma Le Iene di cui è stato protagonista aveva ripetuto la parola 58 volte.

 

Il leet non è una cosa solo italiana, non si usa solo su Twitter e di certo non solo per criticare Ermal Meta.

E nemmeno esiste un solo e codificato leet: la stessa parola leet per esempio, può diventare “l33t” o anche, con una traduzione più drastica, “1337”. Deriva dalla parola “elite”, e non prevede regole troppo rigide. Ci sono casi in cui la lettura può essere piuttosto ostica, altri in cui decifrare il testo è relativamente facile. Come nel caso di questo messaggio, che in questi anni potreste aver visto in qualche angolo di internet:

QU3570 M3554GG10 53RV3 4 PR0V4R3 CH3 L3 N057R3 M3N71 P0550N0 F4R3 GR4ND1 C053! C053 1MPR35510N4N71! 4LL’1N1Z10 3R4 D1FF1C1L3, M4 G14′ 1N QU3574 R1G4, L4 7U4 M3N73 574 L3GG3ND0 4U70M471C4M3N73 53NZ4 P3N54RC1 5U, 511 0RG0GL1050!

Per tornare invece alla musica italiana, il leet è molto presente nei testi di tha Supreme, produttore e rapper di 20 anni, e di grande successo. Il suo primo e finora unico disco si intitola 23 6451. Ovvero: “Le basi”.