A “Porta a Porta” si è parlato a lungo di aborto tra sette uomini

Nella puntata di giovedì sera di Porta a Porta, principale talk show politico serale di Rai 1, per circa dieci minuti sei ospiti uomini e il conduttore Bruno Vespa hanno parlato di aborto e delle recenti discussioni intorno a un contestato emendamento al disegno di legge sul PNRR, presentato da Fratelli d’Italia. La puntata era su diversi temi, ma il fatto che in studio non fosse stata coinvolta nessuna donna come ospite per intervenire su un tema che riguarda la salute riproduttiva femminile e la libertà di scelta delle donne è stato notato e criticato ampiamente sui social network.

La scena ha peraltro ricordato a molti una gag della serie animata BoJack Horseman, che alcuni anni fa aveva preso in giro esattamente questo genere di situazioni, ipotizzando una discussione televisiva sull’aborto tra soli ospiti uomini: «Ma il concetto della libertà di scelta per le donne non è andato oltre? Abbiamo un gruppo di uomini bianchi con il papillon per parlare dell’aborto», diceva il conduttore del talk show.

Soltanto ieri aveva attirato attenzioni e critiche il fatto che il nuovo consiglio di amministrazione dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), composto da dieci persone, fosse formato unicamente da uomini, come anche il precedente. L’AIFA, agendo da regolatore sui farmaci in commercio in Italia, prende importanti decisioni anche su quelli che riguardano la salute riproduttiva delle donne.

L’emendamento di cui si discuteva a Porta a Porta riguarda il disegno di legge per l’attuazione del PNRR, il Piano nazionale di ripresa e resilienza con cui il governo italiano intende spendere i finanziamenti europei del Recovery Fund. In particolare, l’emendamento dice che le regioni, nell’organizzare i servizi dei consultori, possono «avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche del coinvolgimento di soggetti del terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità». In sostanza, hanno detto le critiche, dà legittimità a livello nazionale all’ingresso delle associazioni antiabortiste nei consultori, ossia i luoghi dove la maggior parte delle persone va per ottenere il certificato necessario per abortire.

Tuttavia, come hanno fatto notare anche diversi movimenti femministi, seppure abbia un grosso valore politico, l’emendamento non cambia niente rispetto a quanto già previsto dalla legge 194 del 1978: in alcune parti d’Italia infatti le associazioni antiabortiste sono già presenti nei consultori, sono finanziate dalle regioni e si inseriscono al momento dei colloqui dopo i quali è rilasciato il certificato medico per andare in ospedale, tentando di dissuadere le persone in procinto di abortire.