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Ciancimino che dice: ma allora, se incolpano me, a Travaglio dovrebbero dare l’ergastolo. Ecco, mancava giusto una bella intercettazione telefonica tra Massimo Ciancimino e Sandra Amurri: provvediamo subito. Anzi, a dirla tutta avrebbero già provveduto i blogger Enrico Tagliaferro e Antonella Serafini, ma il paradosso è che per la grande informazione è come se non esistessero. Provvediamo anche a questo, dunque torniamo ai protagonisti.

Massimo Ciancimino non ha bisogno di presentazioni ma solo di un buon avvocato; l’altra, Sandra Amurri, è una cronista del Fatto Quotidiano che già ricordammo per la manipolazione di un verbale che la vide sanzionata con la «censura» dall’Ordine dei giornalisti: un passaggio di un’intercettazione, in cui un mafioso diceva «da lì», lei lo trasformò in «D’Alì», cognome di un senatore siciliano. Ma Sandra Amurri è anche altro: è la cronista – già candidata con Antonio Di Pietro – che tempo fa si scaraventò nell’inchiesta sulla «trattativa» perché testimoniò di aver origliato una sconcertante conversazione di Calogero Mannino alla pasticceria Giolitti di Roma. Cioè: secondo la Amurri, l’ex ministro Mannino si sarebbe messo a declarare, in mezzo al bar, che le cose che Ciancimino aveva detto su di lui erano tutte vere. Parola di una cronista già censurata per aver manipolato delle parole scritte: su quelle orali possiamo fidarci.

Così come possiamo fidarci del suo interlocutore Ciancimino, già arrestato per aver contraffatto un «pizzino» manoscritto del padre e avervi trasposto il nome di un noto funzionario di polizia. Insomma, un dialogo tra intenditori: del resto i due se la raccontarono e scrissero anche in vari Festival del giornalismo (a Perugia) e in località turistiche – coi vari Sandro Ruotolo e Francesco La Licata – nel periodo in cui il citato Ingroia definiva Ciancimino «quasi un’icona dell’antimafia». Questo l’ambiente. L’intercettazione che andiamo a presentare riguarda una conversazione perfettamente in linea con la caratura dei protagonisti, giacché verte su cose che non si sa neppure se esistano, anzi. Una per esempio è il signor Franco», il presuntissimo uomo dei misteri siciliani, l’agente dei servizi che per 30 anni sarebbe stato l’ufficiale di collegamento fra la mafia e pezzi dello Stato: questo naturalmente secondo Ciancimino. Ecco qualche stralcio della conversazione surreale, cui abbiamo operato dei tagli ma che non stravolgono minimamente il senso della chiacchierata. Sono le 17,30 dello scorso 21 giugno 2012.

Amurri: «Senti, tu quando ti decidi, invece, a raccontare chi è ‘sto signor Franco?… No, fammi parlare a me.. tu lo sai come finirai, no? Con le accuse che c’hai… allora nella tua testa proteggere un patrimonio o qualunque altra cosa… ».
Ciancimino: «Ma che patrimonio…. ».
Amurri: «Se tu dici che sei in grado di dire o di arrivare a questa persona, perché non lo dici?».
Ciancimino: «L’ho fatto».
Amurri: «No, non l’hai fatto. Hai detto che era De Gennaro ed abbiamo visto com’è finita».
Ciancimino: «A parte che De Gennaro c’entra con tutto, e poi questo si dimostrerà in aula… ».
Amurri: «Massimo, non far finta di non capirmi… Io ti sto dicendo un’altra cosa, tu hai detto che sei in grado di individuarlo finalmente ‘sto signor Franco, allora perché non lo fai?».
Ciancimino: «Sandra, non pensare che non ho fatto interrogatori in questi mesi… per fortuna non si è saputo che li ho fatti, ma ne ho fatti parecchi».
Amurri: «Vabbeh… si sarebbe saputo se tu avessi detto chi è sto Signor Franco… Tu sappi che fai la fine di tuo padre, non mi pare che sia una bella prospettiva».
Ciancimino: «Perché devo fare la fine di mio padre? Non sono mai stato mafioso nella mia vita».
Amurri: «Perché con delle accuse del genere passerai la tua vita in carcere».
Ciancimino: «Ma che accuse avrei?… concorso esterno per… ».
Amurri: «Ah beh, hai detto niente… tu finisci in carcere… te lo dice Sandra, te l’ha detto Francesco La Licata (cronista de La Stampa, ndr), te lo dicono tutti… ».
Ciancimino: «Io tutto quello che so, Sandra, l’ho detto ai magistrati… facciano l’uso che vogliono… ».
Amurri: «Quindi hai detto chi è il signor Franco?»;
Ciancimino: «Io non dico né confermo né dico niente… dico che… esatto, io dico che i magistrati hanno… mi hanno interrogato ed io non mi sono mai sottratto alle domande dei magistrati… come sempre. Ovviamente, quando ho elementi o non ho elementi si cerca di arrivare… la situazione è ben altra… la prevenzione verso quello che dico non ci deve essere… se vedo che c’è un atteggiamento laico come ultimamente c’è, va bene… perché non si può essere arrestati per calunnia, l’unico in Italia… cioè, al tuo collega Marco Travaglio gli darebbero l’ergastolo».

Ma come? Ah, l’ingratitudine: Marco Travaglio aveva sempre difeso Ciancimino fino a sputtanarsi. Ancora poco tempo fa scriveva che il figlio di Don Vito, in fondo, aveva aveva solo «falsificato un documento su 150». Una retroguardia così imbarazzante che persino il criminologo Achille Saletti, nel suo blog su Il Fatto Quotidiano, aveva scritto che il re è nudo e quindi scatenato un putiferio: «Perché non ci diciamo che Ciancimino ci ha presi tutti per i fondelli? Giornalisti, magistrati, conduttori televisivi, politici… Mi sembra che, di patacche, Ciancimino ne abbia dispensate in abbondanza». Ma Travaglio non aveva mollato. Neppure quando Ciancimino era finito dentro e gli avevano trovato la dinamite in giardino. Lo si capisce bene da quest’altra intercettazione tra Ciancimino e la sua amica Santa Sidoti in data 9 marzo 2012:

Ciancimino: «Oggi Il Fatto li massacra a quelli di Caltanissetta… c’è un editoriale Travaglio, “Il silenzio degli innocenti”… bellissimo, tutto a mio favore».

E poi in quest’altra intercettazione del 29 agosto 2012 tra Ciancimino e la moglie Carlotta Masserotti:

Ciancimino: «Travaglia (sic) mi ha difeso a spada tratta».

Due giorni prima, il 27 agosto, Ciancimino conversava su Skype con il compare Romano Tronci:

Ciancimino: «Santoro fa la prima puntata… Ce ne sparerà tre credo… spara tre puntate subito con Travaglio».

Travaglio come arma: anche se le tre puntate certo non ci furono. Ma in questa divagazione ci siamo persi il «signor Franco» e la fondamentale conversazione con Sandra Amurri. Non sia mai:

Amurri: «Fai tu… decidi tu della tua vita… va bene… ».
Ciancimino: «La storia è più brutta di quanto pensate… non ne avete idea…».
Amurri: «E vabbeh, allora raccontala se è più brutta di come la pensiamo».
Ciancimino: «Vadano loro avanti… (i magistrati, ndr) Loro hanno elementi per andare avanti e vedere fino a che punto puzza la testa! Gliel’ho dati, vadano avanti».
Amurri: «Va beh, quindi stai dicendo che loro non vogliono andare avanti?».
Ciancimino: «Ci vogliono elementi concreti, non bastano le considerazioni o dire “quello è!”».
Amurri: «’Sta storia del Signor Franco.. prima ce l’ho, poi non ce l’ho, poi so chi è, poi non so chi è, poi questo e poi quell’altro, insomma… alla fine non si è capito chi è, siccome tu hai detto che eri in grado di individuarlo… ».
Ciancimino: «Io ho detto che sono in grado di individuarlo e come individuarlo la Procura è a conoscenza… ho detto tutto quello che dovevo dire».
Amurri: «Veramente hai detto che era De Gennaro, il signor Franco».
Ciancimino: «No! Questo è una cosa che ha detto… che secondo me dietro… il Signor Franco è un… allora, Sandra, seguimi un attimo: il Signor Franco… ».
Amurri: (urla) «Ma esiste o non esiste ‘sto Signor Franco?».
Ciancimino: «Certo che esiste».
Amurri: «Bene, tu sai chi è?».
Ciancimino: «Non è una persona che io posso individuare, che c’ha un nome e lo so… l’avrei detto… Io sono in grado di dire come ci si arriva, e l’ho fatto… stop. Facciano loro quello che vogliono».
Amurri: «E come ci si arrivava, con De Gennaro?».
Ciancimino: «Facciano loro… non posso dire altro… sono obbligato al segreto… ».
Amurri «Eh si vabbeh… però… per mesi e anni l’hai detto dappertutto, in televisione di qua e di là, e non mi pare.. io non credo che i magistrati, se tu avessi dato loro degli elementi veri e reali, non lo avrebbero voluto identificare… ».
Ciancimino: «No, ma stanno lavorando…».
Amurri: «Staremo a vedere allora, presto aspettiamo i risultati…».

Aspettiamo anche noi. Chi ha lavorato tanto ed è in procinto di risultanze dirompenti e decisive, del resto, in genere fa questo: parte per il Guatemala.

(Pubblicato su Libero)

Filippo Facci

Giornalista e scrittore, lavora a Libero, ha collaborato con il Foglio, il Riformista e Grazia. È autore di Di Pietro, La storia vera