Toh, Grillo non è democratico

Li ammazza tutti, la politica. Lunedì sera, a Otto e mezzo, su La7, è comparso un bravo ragazzo con la camicetta azzurra – e il fondotinta, e la barba aggiustata – che ha fatto una serie di marce indietro come ne abbiamo viste milioni durante la Prima e la Seconda Repubblica: era Giovanni Favia, il consigliere regionale che si è reso colpevole di qualche parola di troppo durante un fuori onda galeotto: ora, invece, il ragazzo ha precisato che il suo era stato soltanto «uno sfogo privato scomposto» e che gli è sfuggito «con grande imprudenza» e questo durante «un periodo difficile a livello umano», dopodiché ha precisato che Gianroberto Casaleggio – il guru accentratore e antidemocratico – è in realtà «intelligente, capace, onesto e rispettabile», e poi ancora ha precisato che lui – Favia – in ogni caso non si dimetterà perché «mi giudicheranno i miei elettori, nessun altro può farmi dimettere». Poco prima aveva ammesso che nel Movimento 5 Stelle «il progetto di democrazia non si è realizzato», è vero, e aveva detto che ci sono ancora «delle pecche, delle micropagliuzze»: ma per il resto «non è vero che non siamo democratici», «non è vero che Casaleggio» di qua e di là. Li ammazza tutti, la politica.

Che poi, Casaleggio: il primo giornalista a scrivere che Grillo avrebbe fatto un partito è stato lo scrivente, e chi era la fonte? Era lui, Casaleggio, che lo disse a un amico genovese che lo disse a me. Accadeva il 27 luglio 2007 (il Movimento 5 stelle è nato ufficialmente il 4 ottobre 2009) e c’è da chiedersi che cosa sia cambiato da allora, ma soprattutto che senso abbia la polemica che in questi giorni ha investito Favia. C’è qualcosa che non si sapesse? Giovanni Favia, in un datato fuorionda, ha detto che nel Movimento non c’è democrazia, che Grillo va a istinto, che questo Casaleggio mette becco dappertutto, che il successo politico del Movimento è stato repentino e che il partito rischia di «esplodergli in mano»: che c’è di nuovo?

Forse che l’ha detto uno di loro, nient’altro, e chissà che altri fuorionda a questo punto non possano rivelarci ciò che sappiamo già tutti: per esempio che il Movimento non è neppure formalmente un’associazione, che secondo lo statuto (sarebbe il non-statuto) il partito trova epicentro e sede esclusivamente nel blog di Grillo, meglio, in una sottosezione del blog che formalmente non è neppure un blog perché la definizione corretta è «sito commerciale»; ci riveleranno che l’unico titolare del movimento è Beppe Grillo, che per contattare lui e il Movimento c’è solo un singolo indirizzo email. Scopriremo che questo Casaleggio è titolare di una società di comunicazione che si occupa del Movimento e del Blog (l’ha fatto anche per Di Pietro) e che a suo tempo è stato lo stratega fallimentare dei referendum: Casaleggio non si accorse, nel 2008, che la legge impediva di depositare le firme nei sei mesi successivi alla data di convocazione delle elezioni, sicché dovettero buttare via tutto. Scopriremo l’ovvio, il risaputo: che tutto ciò che non sfugge viene deciso da Grillo e da Casaleggio e che questo è il segreto di Pulcinella, come lo è che manca una vera selezione democratica dal basso.

Va da sé che questa situazione non piaccia a tutti e che il dissenso sia inevitabile al di là di ogni ortodossia grillina: qualche caso l’abbiamo già visto (quello di Valentino Tavolazzi a Parma, quello appunto di Giovanni Favia, ieri la consigliera di Forlì Raffaella Pirini) e qualche caso probabilmente ce lo siamo anche perso. Non sarà un caso che tutte le contraddizioni s’incrociano in Emilia Romagna, dove i grillini hanno ottenuto i successi maggiori e dove peraltro ci fu il primo V-day: e pare anche logico, ora, che non manchi un po’ di compiacimento da parte di qualche partito o giornalista, magari dimenticando che erano molto «personali» anche tutti i partiti che sono nati in Italia negli ultimi vent’anni: da Forza Italia alla Lega Nord, dall’Italia dei Valori appunto a Grillo. La differenza, però, è che nel Movimento di Grillo manca tutto: ci sono da decidere le candidature per le prossime politiche e sono in discussione i principi democratici e costituzionali di un partito che potrebbe diventare la seconda forza del Parlamento, non è che si possa liquidare la questione con un comunicato sul blog, né si può evitare che susciti perplessità una forza politica che non rilascia interviste e che è appunto nelle mani di una sorta di Angelo Branduardi ingrassato: Casaleggio, appunto, uno che legge libri di mistici armeni, uno che prevede una terza guerra mondiale entro otto anni – lo spiega un video pubblicato sul suo sito – e secondo il quale questo pianeta entro il 2040 sarà un unico network sociale chiamato Earthlink.

Che è successo, in definitiva? Niente, poco. Una grande fetta di chi ha votato Grillo l’ha fatto contro qualcosa e qualcuno, non gliene frega niente di Piazza Pulita e di Casaleggio. La Demoskopea ha rilevato un 63 per cento di «delusi» e un 18 per cento di «disincantati consapevoli», ma pare fisiologico, non è che da domattina si metteranno a votare per l’Udc, anche perché nei grillini la tentazione complottarda resta radicata, non c’è «fuori onda» che non verrà ricondotto a un attacco partitocratico (complici stampa e tv, al solito) e magari a qualche intransigente epurazione da operare tra gli eretici del Movimento. Certe uscite deliranti alla Luigi De Magistris («Grillo è un coagulo opulento di poteri forti») servono soltanto ad accentuare la paranoia.
Ogni volta si dice che mezza campagna elettorale, a Grillo, gliela fanno gli altri partiti: vero, ma l’altra metà gliela fanno i giornalisti. E così farà Piazza Pulita, che giovedì naturalmente tornerà sull’argomento, statene certi.

Filippo Facci

Giornalista e scrittore, lavora a Libero, ha collaborato con il Foglio, il Riformista e Grazia. È autore di Di Pietro, La storia vera