Il grillino che è in loro

Un momento, non confondiamo il cioccolato con quell’altra cosa, non confondiamo il neo-qualunquista Grillo con uno statista che capisca anche un minimo di politica, non confondiamo la tanta parte che ‘stavolta ha votato per lui – ‘stavolta, non le altre – coi tanti minus habens che infestano il suo blog e che hanno mandato tutti affanculo come massimo gesto politico. Non confondiamo un’analisi delle ragioni che hanno spinto elettori di destra e sinistra a votare per Grillo anziché astenersi – gesto equivalente – con un’adesione seria alle castronerie programmatiche di un ex comico allucinato, non confondiamo l’analisi dei flussi con una loro compiaciuta giustificazione, soprattutto non confondiamo i grillini perbene (che esistono) con gli sfigati in fregola tardo-puberale che mischiano grillismo e sinistra antagonista, coi fascistelli che impedirono a Dell’Utri di prendere la parola durante una rassegna culturale a Como, coi deficienti a cinque stelle che a Torino cercarono di zittire Schifani alla festa del Pd, con la demente che lanciò un fumogeno contro Bonanni, con le sanguisughe che sfruttano le occasioni altrui per fare manifestazioni antipolitiche a costo zero. Insomma non confondiamo certi elettori delle amministrative coi sottosviluppati che da anni hanno trovato in Grillo il peggio contenitore delle peggio minchiate della storia e dell’ideologia, e inveiscono a casaccio contro i politici – tutti – e contro il liberismo, il capitalismo, le banche, le multinazionali, Equitalia, lo Stato, la Polizia, il Tav, MacDonald’s e naturalmente i giornalisti. Parentesi: loro «non comprano più giornali» ma molti di loro, in realtà, non ne hanno mai letto uno.

No, perché vedete, adesso ci sono pure quelli che scambiano per una folgorazione grillina il tentativo di comprendere quello che succede, che scambiano cioè per salti sul carro del vincitore (vincitore di che, poi) lo sforzo di capire perché delle persone normali possano votare Grillo ma soprattutto non votare più gli altri; adesso puntualizzare che tanti candidati grillini si presentano come brave personcine (il che non li rende meno incapaci, probabilmente) secondo qualcuno significa «aver cambiato idea», e il riconoscere che il comico ha saputo usare internet sarebbe «un voltafaccia», e il continuare a scrivere che questi partiti sono finiti sarebbe diventato «grillismo», figurarsi.

Quelli del Fatto Quotidiano ovviamente spiccano su tutti: e niente è più ridicolo della postura guardinga che hanno assunto nel rivendicare la primogenitura grillesca, niente è più sbellicante di quel loro tono surriscaldato che sta a dire: bene, ora però fate la rivoluzione o saranno guai, approvate le proposte grillesche o sarà guerra, e cacciate i condannati, abolite i privilegi, migliorate l’ambiente, osannate Ingroia, fateci campare cent’anni. Che poi, altra parentesi, una primogenitura con Grillo, Marco Travaglio, ce l’ha davvero: fu ben lesto, nel 2008, a utilizzare il blog grillesco per vendere i propri prodottini a un preciso target di beoti; il video, il libretto, il cofanetto, una ragione sociale di grande impegno politico (si chiamano soldi) dove spiccavano, per dire, il dvd di Grillo giustamente chiamato «Delirio» (10 euro e 90) e subito sotto il dvd di Travaglio titolato «Mafiocrazia» (10 euro e 20) e sotto ancora il tris «Delirio»+«Reset»+«Incantesimi» in offerta speciale a 22 euro: tre Vaffanculo al prezzo di due. Poi devono aver litigato: questioni politiche, senz’altro.

Ergo, non confondiamo Grillo col ferro caldo che ha battuto. Grillo è un comico. Grillo è uno che non sa neanche far validare un referendum, perché nel 2008 non si accorse che la legge impediva di depositare firme nei sei mesi successivi alla data di convocazione delle elezioni. Grillo è uno che ripropone, riveduto e corretto con strafalcioni scientifici vari, il programma dei Verdi di Gianfranco Amendola dei tardi anni Ottanta. È uno che va al Sud e lancia il messaggio (elettorale) che la mafia è meglio dello Stato. È uno che i computer due lustri fa li prendeva a martellate, faceva pubblicità alla Yomo e andava alle convention Fiat, aveva Yacht, Ferrari, case a destra e sinistra, ha chiesto condoni tombali e non potrebbe neppure candidarsi – secondo la sua metrica – perché è stato condannato per omicidio colposo. Non è un maestro, e neppure cattivo: è un comico. Il cuore puro del grillismo, quello del Vaffa-day, resta una schifezza al pari della tanta brutta gente che ha costituito e continua a costituire il grillismo della prima ora. Il primo leghismo era imperniato su quattro elettori secessionisti della Val Brembana, poi è cambiato e i suoi elettori pure. Grillo, dalla sua Val Brembana e dai suoi quattro pirla, non è ancora uscito. Tante persone, soprattutto per protesta, ora hanno deciso di votarlo. Non confondiamole con lui. E con loro.

Filippo Facci

Giornalista e scrittore, lavora a Libero, ha collaborato con il Foglio, il Riformista e Grazia. È autore di Di Pietro, La storia vera