Alto spread in Valpadana

Curiosa sensazione. Già prima, nel classificare gli articoli di giornale, non capivo come i redattori delle rassegne stampa riuscissero a distinguere per esempio tra «Parlamento» e «istituzioni», tra «lavoro» e «affari sociali», tra «ambiente» e «territorio» eccetera. Pure mi chiedevo come direttori e redattori, nel disegnare le pagine, decidessero il piazzamento di argomenti ormai globalizzati e come cioè distinguessero «interni» da «esteri», ma pure «politica» da «gossip».

Ora voglio vedere come andrà col governo Monti, come separeremo «politica» da «economia», «economia» da «finanza», «interni» dalla Merkel, «Palazzo» da «Francoforte». Se faremo tutti, al posto delle previsioni del tempo, la pagina «spread». È come se una Repubblica fosse finita da un minuto all’altro; come quando, a scuola, arriva un nuovo e serioso professore a sostituirne uno più scalcagnato e compagnone: sai che è un bene, ma pure che è finito il divertimento. L’aristocrazia decisionale del governo Monti ci guarda da dimensioni separate, ovattate, non la vedremo mai azzuffarsi a Ballarò, trasvolerà il canaio politico ma anche la democrazia residuale che il porcellum ci aveva lasciato: ma che, bene o male, eravamo noi. L’incredibile è che molti sono contenti proprio per questo. E sta bene. Benvenuti in Europa.

Filippo Facci

Giornalista e scrittore, lavora a Libero, ha collaborato con il Foglio, il Riformista e Grazia. È autore di Di Pietro, La storia vera