Abbiamo riconsegnato Porta Pia al Vaticano

Immaginate che lo scudetto dell’inter lo festeggino i milanisti. Oppure che la disfatta di Napoleone a Waterloo la festeggino i francesi. O che la Moratti celebri le Cinque giornate di Milano ricordando il generale Radetsky anziché Carlo Cattaneo.

Ma forse è impossibile immaginare un parallelo con quanto sta accadendo per le celebrazioni dei 140 anni della Breccia di Porta Pia, evento storico che il 20 settembre 1870 segnò la fine dello Stato Pontificio e l’annessione di Roma al Regno d’Italia. Basti dire che alla testa della cerimonia ci sono monsignor Ravasi, ministro del Vaticano, e il cardinale Bertone, segretario di stato Vaticano: il tutto per rimuovere completamente che si commemora la vittoria dello stato laico, come ricordano le centinaia di vie che nelle varie città partono o arrivano in Duomo.

Ma i bersaglieri, mercoledì, hanno suonato l’inno pontificio, e ieri c’è stato un convegno dedicato a Pio IX, il Papa che si dichiarò «prigioniero dello stato italiano» e che era avvezzo a torture e pena di morte. Già l’anno scorso vennero ricordati i mercenari pontifici morti in battaglia e non i bersaglieri morti per l’Italia: ora siamo alla farsa, alla Storia che ne racconta un’altra, a un clamoroso minestrone revisionista ridotto a merce di scambio politico con le gerarchie ecclesiastiche.  Era meglio il silenzio, di questa roba.

Filippo Facci

Giornalista e scrittore, lavora a Libero, ha collaborato con il Foglio, il Riformista e Grazia. È autore di Di Pietro, La storia vera