Gli afrikaner italiani e noi

In tema di diritti civili la mappa dell’Europa è speculare a quella dell’Africa: mentre in Europa occidentale la propaggine verso sud del continente, l’Italia, è l’unica a non aver normato in alcun modo le unioni omosessuali, in Africa succede il contrario: nessun Paese ha regolamentato il tema, tranne il Sudafrica, il paese più a sud. Uguali e opposti, quasi complementari.

Oggi stentiamo a immaginare che cosa volesse significare avere una minoranza bianca e ricca che segregava la maggioranza nera del paese, in un continente nero. Eppure è successo a partire dal secondo dopoguerra, appena dopo la fine dell’Olocausto e fino al 1993, quattro anni dopo la caduta del muro di Berlino.

Con la liberazione di Nelson Mandela nel 1990 e la conquista del governo da parte dell’ANC nel 1994 l’apartheid è stata cancellata. Nel 1996 è stata assicurata protezione costituzionale all’orientamento sessuale e solo dieci anni più tardi è stato riconosciuto il matrimonio omosessuale, così come ormai sono previste anche le adozioni omosessuali.

Forse, chi ha sofferto così atrocemente la discriminazione sulla propria pelle, si preoccupa che nessuno ne soffra mai più, per nessun motivo. Perchè la lotta per i diritti civili è la lotta per i diritti degli altri. Quando combattiamo per i nostri diritti, tuteliamo i nostri interessi (e non c’è nulla di male in questo, anzi). Ma quando combattiamo per quelli degli altri, combattiamo per i nostri valori, per quello in cui crediamo.

La lotta all’apartheid ebbe un punto di svolta quando anche i bianchi se ne fecero carico, quando  quando capirono che l’apatia, la loro apatia, contribuiva a tenerli nel gruppo degli afrikaner, e decisero di farsi parte attiva per non essere più i segregatori dei neri.
Per sconfiggere le discriminazioni servono entrambi i gruppi: quelli che combattono per i loro diritti e quelli che combattono per i diritti degli altri.
I diritti civili in Italia sono la nostra apartheid e noi, se non ci facciamo parte attiva, rischiamo di fare la fine di quelli che stanno dalla parte degli afrikaner.

Il sottosegretario Ivan Scalfarotto ha digiunato venti giorni perché il ddl Cirinnà sulle unioni civili riprendesse il suo iter parlamentare. All’assemblea nazionale del PD del 18 luglio scorso, Matteo Renzi ha assicurato che la legge verrà approvata entro fine anno.; martedì scorso l’Italia è stata condannata dell’Unione europea proprio per la sua inattività normativa.
Che Giovanardi, Sacconi e Formigoni continuino pure ad essere gli Afrikaner italiani, se proprio ci tengono.

Ma per chi non la pensa come loro, allora è giunto il momento di attivarsi. L’inazione è sempre interpretata da chi ci tiene a mantenere la segregazione come acquiescenza o accordo e spesso hanno avuto ragione, anzi quasi sempre. È capitato con l’apartheid, ma pure col nazismo e il fascismo. Sono paragoni forti? Forse, ma siamo comunque nel campo dei diritti umani, dove il riconoscimento dell’uguaglianza di uomini e donne passa attraverso un semplice sì o no in risposta alla domanda: “Siamo tutti uguali davanti alla legge?”
In Italia ora la risposta è ancora no.

Emanuela Marchiafava

Media Analyst e consulente per le imprese, già assessore della Provincia di Pavia, si occupa di turismo, politica e diritti.