Un po’ di numeri su Mafia Capitale

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Tra appalti e tangenti, la quantità di denaro coinvolto nell’inchiesta “Mafia capitale” non sembra particolarmente rilevante rispetto agli altri grandi scandali scoperti dalla magistratura negli ultimi tempi, come lo scandalo EXPO e quello che ha riguardato il MOSE (ne abbiamo parlato ieri a Virus, su Rai Due, insieme a Pagella Politica). Almeno fino ad oggi.

Cominciamo con il dare un’occhiata ai bilanci di “29 Giugno”, il consorzio di cooperative presieduto da Salvatore Buzzi, la società che secondo i magistrati riceveva la gran parte degli appalti ottenuti tramite la corruzione di funzionari pubblici. Nel 2013 la società aveva un fatturato di 58 milioni di euro e utili per circa un milione di euro (qui un’analisi un po’ più dettagliata del bilancio). Secondo i magistrati, nel biennio 2012-2014, la cooperativa ha ottenuto appalti in almeno tre diversi settori grazie alla corruzione: la gestione di un campo rom, di alcuni centri di accoglienza e della cura di alcune aree verdi del comune di Roma. Non è chiaro quanto sia il valore di questi appalti, ma secondo un’informativa dei carabinieri, tra il 2003 e il 2013, la società ha ottenuto in tutto appalti per un valore di 98 milioni di euro.

Per quanto riguarda le tangenti è molto più difficile trovare numeri precisi. I giornali hanno pubblicato una sorta di “libro delle tangenti” in cui sarebbero segnati alcuni di questi pagamenti. Mettendo insieme queste cifre con i riscontri di bonifici pagati da “29 Giugno” e con le intercettazioni telefoniche possiamo individuare almeno un ordine di grandezza di questa corruzione. Secondo i documenti al momento disponibili, stiamo parlando di circa 500 mila euro. Tenete in mente questa cifra.

A primavera è scoppiato lo scandalo EXPO, nel quale i magistrati hanno accusato di corruzione la società di costruzioni Maltauro, che si occupava di alcuni lavori collaterali ad EXPO. La Maltauro aveva fino al 2013 un bilancio di circa 450 milioni di euro l’anno (dieci volte più grande di “29 Giugno”, quindi). Sempre secondo i magistrati, la società avrebbe pagato nel giro di un paio d’anni una cifra nell’ordine di 1,2 milioni di euro a vari funzionari di EXPO (più del doppio della corruzione di cui si parla per “Mafia Capitale”). Il valore degli appalti influenzati da queste tangenti, sempre secondo i magistrati, sarebbe di circa 166 milioni di euro (quasi due volte la somma di tutti gli appalti ottenuti in 10 anni dalla cooperativa “29 Giugno”).

L’inchiesta più grande del 2014 però è senza dubbio quella che riguarda il MOSE, il sistema di paratie mobili che dovrebbe proteggere la laguna di Venezia dalle acque alte. Si tratta di un’opera del costo totale di 5,5 miliardi, una delle più grandi della storia repubblicana, affidata in esclusiva al Consorzio Nuova Venezia, una società formata da svariate imprese di costruzioni con un bilancio superiore ai 500 milioni di euro l’anno. Secondo i magistrati nel corso di quasi un decennio alcuni dirigenti del Consorzio hanno pagato in tangenti l’iperbolica cifra di 22 milioni di euro.

Negli ultimi giorni “Mafia Capitale” è stata spesso paragonata a Tangentopoli, la grande inchiesta sulla corruzioni iniziata nel 1992. Uno dei casi più eclatanti di quegli anni fu la cosiddetta “Maxi tangente Enimont”. Secondo le sentenze, all’epoca vennero corrotti decine di politici con una serie di tangenti del valore di circa 150 miliardi di lire dell’epoca, ossia 175 milioni di euro 2014. Si tratta di una cifra che è circa 250 volte superiore al valore delle tangenti che i magistrati fino ad ora stimano che siano state pagate nell’inchiesta Mafia Capitale.

Questi numeri vanno quasi tutti presi con molta cautela e trattati più come indicatori di ordini di grandezza che come cifre esatte (su MOSE c’è un po’ più di certezza, visto che gli indagati che hanno patteggiato hanno già restituito circa 12 milioni di euro ottenuti illegalmente). Non solo: è già accaduto in passato che i giornali parlassero di tangenti miliardarie poi rivelatesi inesistenti (il caso MPS è forse il più eclatante degli ultimi anni). Ed è altrettanto vero che inchieste che all’inizio sembravano riguardare piccoli scambi di denaro abbiano rivelato successivamente corruzioni e frodi molto più consistenti. Indicativamente, però, queste cifre ci aiutano a farci un’idea delle dimensioni che aveva, secondo i magistrati, il giro d’affari della “cupola della capitale”. Non si tratta di cifre superiori a quelle a cui ci hanno abituato gli altri grandi scandali del 2014, anzi: per il momento sono considerevolmente inferiori.

Davide De Luca

Giornalista. Ho scritto per l’Arena di Verona e per l’Agence Europe di Bruxelles. Ho collaborato ad alcuni libri d’inchiesta su CL e la finanza cattolica. Mi piacciono i numeri e l’economia e cerco di spiegarli in modo semplice. Su Twitter sono @DM_Deluca