Tutta la verità sui mostri giganti

Una settimana fa è uscito al cinema Pacific Rim. Nel film la Terra viene attaccata da numerosi mostri giganti, vagamente simili a Godzilla per forma e dimensioni. Per combatterli, i vari paesi del mondo costruiscono robottoni altrettanto grandi che affrontano i mostri con pugni e gigantesche spade. Il film, per quanto abbia una trama non proprio originale, è molto godibile e la visione è consigliata a tutti i lettori.

I punti a favore del film, infatti, non sono soltanto i piacevoli effetti speciali, ma anche le numerose domande e i dibattiti che suscita tra gli spettatori. Si tratta di un film che fa discutere. Davvero dei robottoni giganti sarebbero il modo migliore per combattere dei mostri giganti? Potrebbero davvero esistere dei mostri giganti? Si tratta di temi di prima scelta per un factchecking come si deve, quindi preparatevi a vedere estinti tutti i vostri dubbi su Pacific Rim.

Possono esistere mostri giganti?
No. Almeno non sulla terraferma. E in ogni caso non potrebbero essere forti, veloci e aggressivi. Esistono tutta una serie di buoni motivi per questo, uno più interessante dell’altro.

Galileo e i mostri giganti
Il primo problema all’esistenza dei mostri giganti venne scoperto da Galileo Galilei che enunciò la cosiddetta legge del cubo-quadrato (anche se non ci sono prove che applicò la sua scoperta alla scienza dei mostri giganti). Prendiamo una lucertola, o un qualsiasi altro rettile che in genere fa da modello ai mostri giganti. Il buon senso ci dice che per avere il nostro mostro gigante sarebbe sufficiente ingrandirla fino a una centinaio di metri di lunghezza: ciò che funziona nel piccolo, ad occhio e croce, funzionerà anche nel grande.

Purtroppo però, le cose non funzionano così. Il primo a spiegare perché fu proprio Galileo: se raddoppiassimo la lunghezza di una lucertola il suo volume, ed il suo peso, che è una funzione del volume, crescerebbero molto più che del doppio. Capire il perché non è difficile. Immaginate un dado con un lato lungo un centimetro e che quindi ha, ovviamente, un volume di un centimetro cubo. Ora immaginiamo di voler trasformare questo semplice dado in un mostruoso dado gigantesco.

Facciamo le cose per gradi e per ora limitiamoci a raddoppiarne i lati a una lunghezza di due centimetri. Un dado con un lato di due centimetri può essere facilmente visualizzato immaginandoci un secondo dado composto da altri otto dadi con un lato da un centimetro disposti a cubo. Se i lati del nostro dado ora sono raddoppiati, il suo volume è cresciuto di otto volte – ognuno dei dadi che lo compone ha un volume di un centimetro cubo, quindi adesso il nostro dado ha un volume di 8 centimetri cubi (e un peso di otto volte superiore).

Torniamo alla lucertola. Immaginiamo di raddoppiarne le dimensioni: la lucertola ora è grossa soltanto il doppio di prima, ma pesa circa 8 volte tanto. Se la rendessimo mille volte più grande, il suo scheletro si troverebbe a dover sostenere un peso in proporzione infinitamente superiore a quello per cui era stato pensato all’inizio. Il povero mostro gigante, quindi, non potrebbe nemmeno fare un passo che le sue ossa cederebbero rovinosamente. Ad occhio e croce, un mostro gigante di cento metri peserebbe intorno alle 60 mila tonnellate e non esiste al mondo un materiale in grado di sopportare un peso del genere. Per darvi un’idea: 60 mila tonnellate è il peso di una corazzata. Immaginatevi cosa accaderebbe se si provasse a farla stare in piedi sulla propria poppa.

Il problema del peso numero due
Un mostro gigantesco da 60 mila tonnellate ha anche un secondo ordine di problemi a causa del suo eccezionale peso. Immaginate un uomo che cade da un albero alto dieci metri: probabilmente si romperà un braccio. Un gatto od un topo atterreranno senza danni. Se facciamo cadere un elefante da un’altezza di dieci metri, probabilmente non sopravviverà. In altre parole, maggiore è la massa di una creatura, più brevi sono le cadute che riesce a sopportare. Immaginiamo pure che il nostro mostro abbia uno scheletro di un materiale alieno, in grado di sostenere il suo peso. Ma i suoi organi interni finirebbero irrimediabilmente spappolati dal suo stesso peso al primo passo – e immaginatevi cosa potrebbe succedere se dovesse inciampare.

Il mostro stupido
Caratteristica piuttosto fondamentale di quasi ogni mostro gigante è che abbia riflessi sufficientemente rapidi per cercare di schivare missili, afferrare al volo elicotteri da combattimento e parare pugni di robot giganti o di altri mostri. Il vecchio Godzilla era piuttosto lento e goffo, ma la nuova generazione di mostri, dal Godzilla del 1998, a Cloverfield passando per i mostri giganti di Pacific Rim, si è evoluta ed è in grado di eseguire velocissime mosse di lotta libera.

Gli impulsi nervosi viaggiano a circa 100 metri al secondo lungo gli assi che attraversano il corpo e anche più lentamente all’interno del sistema nervoso centrale. Il nostro mostro gigante è lungo almeno cento metri, quindi, se ad esempio ricevessero uno stimolo ad un piede, l’impulso nervoso dovrebbe arrivare fino al cervello, dovrebbe essere analizzato, andrebbe cercata una risposta appropriata, quindi l’impulso con l’ordine della reazione andrebbe rimandato all’arto interessato. Tutto questo processo impiegherebbe diversi secondi. Il mostro gigante, quindi, avrebbe più o meno i riflessi di Homer Simpson.

Come uccidere mostri giganti
Esistono numerosi altri motivi che rendono i mostri giganti impossibili: problemi di dispersione del calore, di pressione sanguigna e di circolazione del sangue. Queste considerazioni però, non ci aiutano a capire come dovremmo fronteggiare un attacco di mostri giganti con caratteristiche magiche, in grado di fargli ignorare queste difficoltà. Mettiamo da parte tutte queste considerazioni scientifiche e ipotizziamo che il nostro mostro gigante sia comunque plausibile e che nei prossimi giorni emerga dalle acque del Pacifico per minacciare la razza umana. Come realisticamente potremmo liberarci di lui/lei?

Robottoni giganti
Per quanto l’idea di combattere mostri giganti creando robot umanoidi pilotati da giovani ragazzi palestrati sembri apparentemente di buon senso, non si tratta di un’idea praticabile né dal punto di vista scientifico né da quello economico. Il primo problema è che un robot gigante è sottoposto ad alcune delle limitazioni del mostro gigante. La legge del cubo quadrato, ad esempio, e il fatto che ogni pugno, passo o caduta, infliggerebbero alla struttura del robottone dei colpi insostenibili anche per la lega più resistente.

C’è poi il problema dell’alimentazione. Il robottone principale di Pacific Rim è alimentato con un reattore nucleare. Motori nucleari di dimensioni piuttosto ridotte esistono già a bordo di sottomarini e altre navi da guerra. L’energia che forniscono, però, è giusto sufficiente per far girare le eliche delle navi e alimentare i sistemi elettrici.

È piuttosto difficile immaginare che con questo tipo di reattori nucleari un sottomarino nucleare si possa alzare in piedi, correre e lanciare in aria mostri giganti da 60 mila tonnellate. Inoltre, l’idea di difendere una città costiera finanziando la costruzione di una bomba nucleare ambulante che probabilmente subirà pugni e morsi nel corso dello scontro, non sembra proprio destinata a ottenere un voto favorevole in parlamento.

Armi convenzionali
Anche se non possiamo costruire robottoni giganti per affrontare i mostri giganti, possiamo comunque stare tranquilli. Nulla di ciò che fanno i robottoni giganti è impossibile per l’arsenale convenzionale a disposizione dei nostri eserciti – anche se, ovviamente, la gran parte delle nostre armi, pensate per uccidere creature alte al massimo un paio di metri, si rivela inutile contro un mostro da 60 mila tonnellate.

Per essere ben protetto il mostro gigante non ha bisogno di un’armatura rigida e spessa, come quella degli insetti ad esempio – un’armatura che gli procurerebbe più problemi che altro. Basta lo spessore della sua carne per proteggerlo da gran parte delle armi. La carne, come l’acqua, è in grado di fermare un proiettile normale dopo un metro, o meno. Questa barriera, in un animale lungo cento metri, rende i suoi organi vitali del tutto irraggiungibili per i proiettili delle armi leggere.

I proiettili esplosivi dei cannoni non sono molto più efficaci: esploderebbero a contatto con la sua pelle, o dopo averla penetrata per pochi centimetri, causando certamente un doloroso fastidio al mostro gigante – paragonabile ad una bruciatura di sigaretta, ma nessun mostro gigante interessato a distruggere una città è stato mai fermato da una bruciatura di sigaretta.

I cannoni dei moderni carriarmati sono in grado di sparare un altro tipo di munizioni, pensate proprio per penetrare a fondo il proprio bersaglio. Si tratta proiettili perforanti (APFSDS) che in poche parole sono dei dardi d’acciaio con un diametro di pochi centimetri e lunghi circa un metro. Nella Guerra del Golfo proiettili del genere hanno oltrepassato la corazza di un carroarmato da parte a parte e hanno distrutto il carroarmato accanto. È difficile immaginare una pelle abbastanza dura o abbastanza profonda da fermare un proiettile del genere, ma si tratta pur sempre di un proiettile di piccole dimensioni, senza esplosivo. Cercare di fermare un mostro gigante con questi proiettili sarebbe come cercare di fermare un pugile arrabbiato lanciandogli contro degli aghi.

Qualcosa che esploda
Bisogna necessariamente passare a qualcosa di più incisivo, o, come la mette giù il blog Danger Room: «Ci serve una barca più grossa». Negli ultimi decenni la scienza militare ha fatto molti progressi nel campo delle grandi esplosioni non atomiche. Uno delle scoperte più interessanti – sempre che distruggere una città senza spargere radiazioni possa essere definito “interessante” – è stata l’invenzione delle bombe termobariche.

Si tratta di un nuovo tipo di bomba che funziona più o meno così: una prima esplosione disperde nell’aria circostante una nuvola di materiale infiammabile che viene incendiato da una seconda carica. L’esplosione così creata crea un’onda d’urto e una temperatura ineguagliabili per più o meno ogni altro tipo di ordigno non nucleare.

La più grande bomba termobarica è probabilmente il Padre di Tutte le Bombe, un ordigno testato dall’esercito russo qualche anno fa. Secondo le informazioni disponibili, al centro dell’esplosione viene generata una temperatura superiore ai tremila gradi centigradi (secondo i Russi, MOLTO superiore). Nella tavola periodica esiste giusto un pugno di materiali con un punto di fusione superiore ai 3 mila gradi.

Lanciare una bomba del genere nel mezzo di una città per difenderla, però, non è probabilmente economicamente molto pratico. Tanto varrebbe risparmiare sulla bomba e far distruggere la città al mostro gigante. Dobbiamo quindi fare un passo indietro e tornare a cercare qualcosa che possa penetrare la pelle del mostro, arrivare a un organo vitale e quindi esplodere – possibilmente senza distruggere tutto ciò che c’è intorno. Esistono numerose bombe di questo tipo, le cosiddette bunker-buster. Si tratta di missili pesanti più di una decina di tonnellate, in grado di penetrare terreno, cemento e altre barriere per diverse decine di metri. Il problema è che per raggiungere questi risultati viaggiano a diverse volte la velocità del suono. È possibile puntarle contro un bersaglio immobile ed essere sicuri che lo colpiscano, ma sono troppo rapide per deviare la loro traiettoria velocemente, in modo da inseguire un bersaglio come un mostro gigante che cerca di schivarle.

L’ordigno anti-mostro
L’arma definitiva, quindi, è un’arma capace di raggiungere buoni livelli di penetrazione, che sia esplosiva e che possa colpire un bersaglio in movimento. Fortunatamente per le nostro città, le marine militari di tutto il mondo investono in armi di questo tipo da quando a metà ottocento il primo pezzo di ferro venne montato sopra lo scafo in legno di una nave da guerra.

I moderni missili antinave, come l’americano Harpoon, soddisfano tutti questi requisiti. Sono progettati per sfondare le corazze delle navi da guerra più resistenti, penetrare fino ai locali interni più vulnerabili e quindi esplodere, distruggendo il loro bersaglio. Non sono così veloci da essere ingovernabili (l’Harpoon viaggia a “solo” 800 chilometri all’ora) e sono tutti dotati di sistemi di ricerca attivi in modo da poter trovare e inseguire il loro bersaglio.

Questo tipo di missili può essere montato su aerei, navi e mezzi terrestri, ma soprattutto non sono eccessivamente costosi (un Harpoon costa circa 527 mila dollari). Qui potete vedere l’effetto di un Harpoon su una nave-bersaglio lunga circa 50 metri. Ipotizziamo siano necessari cinque missili per uccidere un mostro gigante (un paio vengono schivati e un altro paio riescono solo a ferirlo): con i 50 milioni di euro di rimborsi elettorali a cui ha rinunciato il Movimento 5 Stelle, potremmo acquistare cento missili antinave ed eliminare facilmente 20 mostri giganti.

Armi nucleari
Ovviamente esiste sempre uno strumento definitivo per dare la caccia ai mostri giganti: la bomba atomica. Le armi nucleari producono nel punto dell’esplosione una temperatura di diversi milioni di gradi centigradi a cui non può sopravvivere più o meno niente (no, neanche gli scarafaggi). Qui però entrano in gioco considerazioni politiche. Ad esempio il fatto che combattere con armi radioattive dei mostri giganti probabilmente creati dalle radiazioni, quasi certamente incontrerebbe una forte opposizione da parte degli ambientalisti.

Davide De Luca

Giornalista. Ho scritto per l’Arena di Verona e per l’Agence Europe di Bruxelles. Ho collaborato ad alcuni libri d’inchiesta su CL e la finanza cattolica. Mi piacciono i numeri e l’economia e cerco di spiegarli in modo semplice. Su Twitter sono @DM_Deluca