Il gadget della pandemia è l’iPad

Il gadget della pandemia è l’iPad? In un lungo articolo il New York Times si chiede se il tablet di Apple, che ha appena compiuto dieci anni di vita, è davvero l’oggetto-rivelazione del lockdown (e dello “shelter in place“, come dicono più correttamente i madrelingua quando fanno riferimento al “restare a casa”). E l’idea è proprio questa: che l’iPad sia trasformato da “strumento superfluo per gente che ha soldi” in un apparecchio da utilizzare con profitto.

L’idea non è peregrina. Infatti, le stime dicono che il tablet di Apple sta facendo bene quest’anno come l’anno scorso. Si capisce poco, anche perché non è chiaro quanta produzione sia ancora attiva in Asia e quanta no, però l’idea è che di iPad in circolazione ce ne siano sempre di più. A questo si aggiunge anche la trasformazione del sistema operativo del tablet. All’inizio della sua carriera, quando venne presentato da Steve Jobs nel 2010, il co-fondatore di Apple ci tenne a precisare che l’iPad non era fatto solo per “consumare i contenuti” ma anche “per crearli”. Tanto è vero che, fin dal primo giorno, fecero capolino sul tablet di Apple anche le app di produttività, cioè della suite di iWork, cioè Keynote per le presentazioni, Pages per la videoscrittura e Numbers per i fogli di calcolo.

ipad pro e tastiera

Basta poco: la tastiera e la trackpad bluetooth, un supporto e l’iPad si trasforma in una specie di workstation (Foto Antonio Dini)

Sono passati dieci anni, le app sono evolute molto, l’iPad è diventato sempre più potente e addirittura “pro”, si è aggiunta la penna e la tastiera. Ma i veri cambiamenti sono di queste settimane: la nuova Magic Keyboard con trackpad che trasforma l’iPad sostanzialmente in un portatile, e più in generale la compatibilità via software all’uso di tastiera, mouse e trackpad esterni. A questo si unisce un lungo percorso di miglioramenti che hanno permesso di tenere in equilibrio da un lato la semplicità e sicurezza d’uso dell’iPad e dall’altro la flessibilità di un sistema più complesso, che adesso accede a chiavette e dischi esterni, permette di organizzare e gestire i documenti trasversalmente alle varie cartelle, far lavorare tre app una affiancata all’altra (la terza flottante, però ci siamo).

Durante questo “shelter in place” che sto passando da solo chiuso in casa ho fatto sia la parte di lavoro del giornalista che quella del docente e ho terminato un corso da 40 ore tutto in videoconferenza, ne sto terminando un altro e in più ho partecipato a quello che mi sembrano un milione di ore di videoconferenze (i bene educati le chiamano “call“) di lavoro e per mia fortuna anche a tantissime videoconferenze con la mia famiglia, sia quella di origine che quella attuale. Il protagonista di tutte queste ore di lavoro e comunicazione è sempre stato l’iPad.

Che si è trasformato in apparecchio di lavoro al tavolo, complice trackpad e tastiera bluetooth di Apple, ma anche sul divano, a letto, in cucina, sul terrazzino. Ho un iPad 11 Pro del 2018 con il quale gestisco la posta, leggo i giornali, faccio conferenze, navigo, guardo Netflix, Apple Tv, Prime Video, RaiPlay, YouTube, scrivo tonnellate di articoli (più o meno come questo) gestisco la mia newsletter e il mio canale Telegram, e in generale mi arrangio a fare mille altre cose, incluso suonare la chitarra elettrica grazie a un adattatore made in Italy (iRig 2HD) e a un milione di pedali, effetti e tipi di amplificatori virtuali disponibili. Una scelta dettata dal fatto che l’iPad è inerentemente più stabile di un personal computer, sia perché “blindato” nella gestione delle app sia perché dotato di un processore notevolmente potente. Cavolo, ci riesco anche a fare montaggi audio (Ferrite) e video (con LumaFusion) che con il mio MacBook 12 di quattro anni fa mi sognerei.

Con uno schermo più grande di quello di un iPhone e una videocamera frontale migliore di quella di un MacBook (e non ho un computer fisso a casa), da FaceTime a Teams a Zoom a Jitsi a BlueJeans a Meet a WebEx fino a Skype (no, WhatsApp video non si può fare con l’iPad) li ho girati tutti e spero che basti per molto tempo. Sul tablet di Apple però devo dire che i risultati sono stati notevoli. Anche perché l’iPad Pro (o i suoi fratelli non “pro”, se è per questo) è più stabile della maggior parte dei personal computer, più sicuro (gli effetti venefici per la privacy di Zoom non si sono sentiti) e alla fine “l’altro apparecchio”, quello che sta a metà tra il telefono e il computer, è diventato quello da cui non ti stacchi mai. Ha ragione il New York Times.

Lo schermo è grande e molto buono, permette di vedere decisamente bene nelle videoconferenze, oltre che farsi vedere bene grazie alla videocamera frontale. Le app non danno sempre il meglio però, perché sono pensate per “laptop first” e “mobile later“: mancano funzioni e flessibilità soprattutto nelle condivisioni di presentazioni e documenti. Ma ad esempio facendo delle interviste a distanza ho la possibilità di prendere appunti sul portatile e usare l’iPad solo per interagire con il mio intervistato, cosa molto più difficile se avessi solo il portatile e molto scomoda se usassi il telefono.

Così, nell’isolamento casalingo, l’iPad è diventato per me e a quanto pare anche per altri l’apparecchio più flessibile a disposizione sia per il video e le chat che per i compiti più leggeri. Ho anche la penna, che negli ultimi mesi avevo sfruttato poco ma con cui sto vivendo una seconda luna di miele perché ho ricominciato a disegnare per provare a rilassarmi.

La batteria dell’iPad Pro 11 è ancora molto robusta nonostante siano passati più di due anni, e ne ha da dire. Con uno sfruttamento intenso arriva a malapena a fine pomeriggio, soprattutto se faccio più di 4 ore di videoconferenza (ebbene sì, capita anche questo). In molti modi diversi usare l’iPad Pro in questa forzata clausura si è rilevato particolarmente utile, e mi ha permesso di testare e approfondire di più le novità del sistema operativo. Tanto che sto prendendo seriamente in considerazione la nuova (e costosa) Magic Keyboard con trackpad. Vediamo.

Antonio Dini

Giornalista e saggista, è nato a Firenze e ora vive a Milano. Scrive di tecnologia e ama volare, se deve anche in economica. Ha un blog dal 2002: Il Posto di Antonio