• Amedeo Balbi Blog
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Tempo fuor di sesto

A fine agosto, ho avuto l’onore di essere uno tra i circa cento studiosi provenienti da tutto il mondo e da diverse discipline (fisica, cosmologia, biologia, neuroscienza, filosofia, informatica, psicologia) invitati a un incontro sul tempo organizzato dal Foundational Questions Institute. L’idea era di provare a dibattere su questioni del tipo: perché il tempo, a differenza dello spazio, sembra avere una direzione intrinseca? Cosa produce l’impressione dello scorrere del tempo come un flusso inarrestabile, una corrente che non si può risalire? Qual è il legame tra il tempo soggettivo della mente e quello oggettivo delle scienze naturali e in particolare della fisica? Quale ruolo gioca nell’organizzazione dei sistemi complessi e in particolare nell’origine della vita?

L’apparente direzionalità del tempo è un rompicapo per fisici e cosmologi. È ben noto che le leggi fondamentali della fisica non sembrano fare alcuna distinzione tra passato e futuro: ad esempio, l’urto elastico tra due particelle appare esattamente identico sia che lo si guardi procedere dal passato al futuro che dal futuro al passato. Ciò sembra contrario a quello che sperimentiamo quotidianamente. Vediamo i bicchieri rompersi, ma non vediamo mai un bicchiere formarsi spontaneamente a partire da frammenti di vetro. È anche ben noto che questa asimmetria è legata alla crescita dell’entropia (una quantità che grossomodo misura il grado di disordine di un sistema). Ma perché viviamo in universo in cui l’entropia, appunto, cresce inesorabilmente? Alcuni tra i presenti all’incontro, come il cosmologo Sean Carroll, ritengono che la spiegazione sia da ricercare in una condizione di entropia eccezionalmente bassa al momento del big bang. Questa circostanza, a priori molto improbabile, potrebbe a sua volta essere spiegata assumendo che il big bang non sia stato l’origine di tutto, e tirando in ballo l’esistenza di una molteplicità di universi (un “multiverso”). Secondo altri, come il cosmologo George Ellis, sarebbero invece le stesse leggi della fisica a sancire una reale differenza tra passato e futuro. Ma sono emersi anche punti di vista radicali, come quello del fisico Julian Barbour, che ritiene l’esistenza del tempo un’illusione causata dai nostri filtri percettivi, ma assente in una descrizione oggettiva della natura.

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E qui potrebbe entrare in gioco ciò che le neuroscienze stanno scoprendo a proposito della relazione tra la nostra mente e il tempo. Le nostre memorie sono una costruzione tanto quanto la nostra immaginazione del futuro: i due processi attivano le stesse aree cerebrali, e i pazienti con amnesie da trauma hanno anche difficoltà a prefigurare ciò che deve ancora accadere. Il neuroscienziato David Eagleman ha mostrato come il tempo mentale non sia un concetto unitario, ma sia in realtà frammentato in diverse componenti, legate al tipo di stimolo che il cervello si trova a processare. Anche la sensazione dello scorrere del tempo è influenzata dal contesto (per esempio da una situazione di rischio). Il nostro tempo interiore, dunque, è in definitiva il risultato di una complessa elaborazione degli stimoli esterni. Ed è possibile, come sottolineato dal fisico Paul Davies, che non solo il tempo, ma persino le stesse leggi della fisica, siano proprietà “emergenti”, piuttosto che caratteristiche fisse e preesistenti della realtà.

Ci sono questioni che ci toccano ancora più da vicino. Se l’informatico del MIT Scott Aaronson ha provato a conciliare la nostra natura di “computer biologici” con l’esistenza del libero arbitrio, il fisico del Santa Fe Institute Geoffrey West ha illustrato le sorprendenti regolarità temporali che sono alla base dell’organizzazione dei sistemi complessi (dagli organismi viventi, alle città, alle aziende) concludendo con una nota di allarme: il tempo dei processi socio-economici sta accelerando a ritmi che – se si ritengono valide le estrapolazioni dei modelli matematici – diventeranno presto insostenibili. Forse il tempo dei fisici non esiste, ma quello della civiltà che ci permette di riflettere sulla sua natura potrebbe essere agli sgoccioli.

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