• Amedeo Balbi Blog
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Scienziati o sfigati

Nelle pagine scientifiche del New York Times di lunedì scorso c’era un articolo su “The Big Bang Theory”, la sitcom che da tre anni va in onda sulla CBS e che ha raggiunto un successo di pubblico probabilmente sorprendente anche per i suoi stessi creatori. Da noi, i fissati di serie americane la considerano ormai tra le quattro o cinque serie di culto da seguire assolutamente, e la inseguono come possono tra internet e i canali satellitari, storcendo la bocca sulla traduzione spesso approssimativa. Per gli altri, basta dire che “The Big Bang Theory” ha come protagonisti un paio di giovani fisici, e altri cervelloni di contorno, geniali quando si tratta di discutere di meccanica quantistica, perfettamente a loro agio nello snocciolare i più minuscoli eventi del mondo di Star Trek o dei fumetti Marvel, ma totalmente inadeguati in semplici questioni di vita sociale – soprattutto nel rapporto con le ragazze – il che fa andare il motore comico della serie. (Prima di saltare a conclusioni sbagliate, tenete presente che “The Big Bang Theory” sta a “La pupa e il secchione” come un film di Woody Allen sta a un cinepanettone.)

Ma, dice il New York Times, nel mondo scientifico il successo di The Big Bang Theory non fa contenti tutti. Nessuno contesta l’accuratezza fattuale della serie (d’altra parte, un astrofisico della UCLA fa da consulente, inserendo in ogni puntata dialoghi appropriati, e scrivendo equazioni sempre diverse sulla lavagna dell’appartamento dei protagonisti). Ma alcuni scienziati sono infastiditi dal fatto che i protagonisti della serie vengano dipinti come degli sfigati, e temono che la cosa possa allontanare i giovani dalle facoltà scientifiche. D’altra parte, parecchi altri farebbero carte false per apparire in una puntata (qualcuno c’è anche riuscito, come il premio Nobel per la fisica George Smoot).

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Comunque la si pensi, resta il fatto notevole che si sia potuta costruire una serie televisiva di grande successo mettendo insieme scienza dura, riferimenti alla cultura pop e comicità intelligente, e che se ne discuta sulle pagine del New York Times. Soprattutto visto da qui, sembra un altro mondo. Distante anni-luce, direi.