Torna la coalizione degli impuniti

Nessuna tempesta giudiziaria su Berlusconi e affiliati ha mai fatto bene alle campagne elettorali del centrosinistra. Il che naturalmente non vuol dire che, soprattutto in un periodo in cui i cittadini esigono alti standard di novità e di trasparenza, non sia giusto sottolineare l’impossibilità per Pdl e Lega di uscire dalla zona d’ombra nella quale sono stati spinti da anni di gestione disinvolta del potere e dei rapporti tra politica e affari.

Nessun partito può considerarsi esente a priori da rischi, questo dovremmo averlo capito. La parabola di Bossi e di Di Pietro dimostra anzi che quanto più ci si presenta come grandi moralizzatori ed epuratori, tanto più pesantemente si pagano gli errori propri o dei propri affiliati.
Anche per questo, saggiamente, Bersani e prima di lui Veltroni hanno chiuso con l’epoca della superiorità etica: «La moralità nella politica è un tema di governo, non un’arma da usare contro gli avversari», ha ripetuto recentemente il segretario del Pd. Il cui impegno sul tema, per tutto il periodo che abbiamo alle spalle, non è stato fare le pulci agli altri bensì provare a eliminare le ragioni strutturali della corruzione: il gigantismo e la personalizzazione della politica, l’occupazione dei consigli d’amministrazione a opera dei partiti, l’opacità dei bilanci. Non è certo un’opera compiuta né perfetta, ma è uno sforzo importante.
Come è importante che il ruolo di imprenditori della morale sia stato lasciato nel mercato elettorale ad altri (anche se, per obiettività, neppure Ingroia pare famelico come il suo collega ex pm: nelle sue innumerevoli apparizioni tv sembra più che altro un passante, beato e soddisfatto di trovarsi dove si trova, senza altre smanie).

Ma se pochi cercano di approfittarne, il problema rimane. Enorme. Le ramazze di Maroni sono tornate in ripostiglio, la Lega non fa la schizzinosa nel ritrovare i vecchi alleati compromessi e opporre alle indagini l’immunità parlamentare. Berlusconi si adegua a chiacchiere agli standard anticorruzione e intanto blinda i più discussi dei suoi, a patto che siano titolari di pacchetti di voti. Da Formigoni alla Polverini, tutti i più ciechi e irresponsabili capizona del Pdl si garantiscono un posto in parlamento.

Se questa ostinata continuità nel coprire le degenerazioni invece di combatterle dovesse anche essere premiata dagli elettori, che poi almeno non ci si venga più a parlare di virtù della società civile e di rabbia antipolitica.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.