Con Renzi la guerra civile va in archivio

Tutti alla caccia di Dell’Utri. Tutti a scrutare nelle pieghe delle disposizioni sull’affidamento di Berlusconi. Tutti a polemizzare, di nuovo, su sentenze a orologeria, persecuzioni giudiziarie o trattamenti privilegiati, sulle invasioni della magistratura in politica e della politica nella magistratura. Tutti tranne uno, il presidente del consiglio. Meglio: il presidente del consiglio e il suo partito.

È ovviamente una notizia molto importante la latitanza dell’ex senatore del Pdl, manager di Publitalia e cofondatore di Forza Italia. Come è vero che i dettagli della futura vita da condannato di Berlusconi non privi di conseguenze politiche. Infine, sono comprensibili sia l’ansia di Berlusconi e del suo partito, che la diffidenza degli antiberlusconiani verso misure che temono troppo morbide.

Ciò detto, lo smarcamento totale del Pd e di Renzi rispetto alle vicende parallele (ma distinte) di Berlusconi e Dell’Utri è il simbolo della stagione nuova nella quale i democratici sono entrati. Non vogliono rimanere con la testa rivolta all’indietro, a rimestare nei vent’anni di guerra civile a bassa intensità. Trovano più utile per l’Italia e per se stessi occuparsi del presente e del futuro prossimo: delle complicate e controverse riforme da condurre in porto, degli impegni solenni e perfino temerari assunti dal premier, delle aspettative suscitate in modo trasversale in tutta l’opinione pubblica.

La mossa più rischiosa è alle spalle: l’avversario storico, condannato e decaduto, è stato ospitato in casa propria per stipulare con lui un accordo di riforma addirittura costituzionale. Sembrava che Berlusconi ne fosse uscito resuscitato e Renzi dovesse pagare chissà quale prezzo: pare che stia accadendo l’opposto.

Tutto il resto è conseguente: Renzi non deve pagare alcun pegno al passato, non deve provare nulla a nessuno, non deve misurare col centimetro la distanza con vicende giudiziarie delle quali non s’è mai occupato né per approfittarne né per lamentarsene. Lo spicchio di elettorato che ancora si accalora su queste storie vota largamente per Grillo o, all’opposto, per Forza Italia: forse non saranno mai elettori di Renzi, pazienza. In compenso, ora al Pd può finalmente guardare quell’ampia maggioranza di italiani che, a prescindere dalle convinzioni politiche, del melodramma berlusconiano non vuole da tempo più sapere nulla, avendo abbastanza drammi da superare in casa propria tutti i giorni.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.