Renzi e la repubblica delle nonne

Con la rinuncia di Veltroni a ricandidarsi e la messa in causa di D’Alema (senza entrare nel merito, su cui pure ci sarebbe da dire) è indubbio che la campagna per le primarie, e subito dopo per le elezioni, è a una svolta potenziale. Una svolta che nel ritmo della campagna rischia di essere arrivata troppo presto per Renzi e che paradossalmente rischia di svuotare la storia che sta raccontando. Certo questa pressione sulla vecchia guardia è politicamente frutto del lavoro di Renzi, cominciato anni fa, e ha prodotto – ormai è evidente – un cambiamento di percezione, di senso del realismo, cioè l’idea generale di quel che si può fare. E in ogni caso Renzi se ne può appropriare.

Le accelerazioni delle ultime settimane e giorni mostrano che su questo punto Renzi ha modificato il quadro generale. Ma questo non è solo il paese in cui alcune generazioni di relativamente giovani si sono sentite e si sentono schiacciate, per motivi macroeconomici e culturali, dalle generazioni precedenti, garantite e avvantaggiate. È anche, ma le due cose sono legate a doppio filo, una repubblica delle nonne, un paese in cui il passaggio tra generazioni può essere molto più delicato e ambivalente di quanto la sola rottamazione possa lasciar intendere. In questo la campagna di Renzi rischia di avere un bug, perché se è vero che essa ha posto in modo forte il tema dell’assunzione di responsabilità, o meglio dell’accesso alla responsabilità, di tutta una generazione (ma su questo bisogna che Renzi chiarisca non solo il nodo culturale, che ormai è chiarissimo e che è entrato nell’ordine degli oggetti ”reali” del dibattito, ma anche gli strumenti con cui intende favorire, da presidente del consiglio, questo accesso), è anche vero che esiste un’altra parte del paese che non ha esaurito il suo ruolo e che ha moltissimo da dire.

Renzi deve tendere una mano alle nonne e alle mamme (intendo nonne e mamme come metafora di una parte del paese e di una sua cultura), ora deve convincere loro. In un paese così deliziosamente conservatore, così legato alla relazione tra generazioni, così davvero tenuto in piedi da mamme e nonne, se si vuole davvero ampliare la partecipazione, se si vuole davvero essere interclassista e superare le semplici opposizioni politologiche, ora bisogna rivolgersi al paese anche come se fosse una nonna, con sincerità e affetto, ma anche spiegando in che modo un mondo nuovo può essere migliore e più inclusivo di quello vecchio.

Gianluca Briguglia

Gianluca Briguglia è professore di Storia delle dottrine politiche all'Università di Venezia Ca' Foscari. È stato direttore della Facoltà di Filosofia dell'Università di Strasburgo, dove ha insegnato Filosofia medievale e ha fatto ricerca e ha insegnato all'Università e all'Accademia delle Scienze di Vienna, all'EHESS di Parigi, alla LMU di Monaco. Il suo ultimo libro: Il pensiero politico medievale.