Perché Renzi c’è e Vendola no

C’è stato un tempo – non tanto remoto, appena un anno fa – in cui Nichi Vendola era dato addirittura per favorito su Bersani nelle primarie del centrosinistra che il presidente della Puglia allora chiedeva con insistenza e per le quali aveva già lanciato una campagna nazionale. S’è trattato di una partenza intempestiva. Non solo perché il quadro politico si è evoluto in tutt’altra direzione, ma anche perché nel frattempo Vendola è uscito dal cono di luce mediatica che aveva abilmente acceso intorno a sé.
Oggi il leader di Sel accusa gli stessi media di aver capovolto il senso delle primarie, facendone una conta nel Pd. Per questo motivo pensa di tirarsene fuori. I media non c’entrano: possono enfatizzare o sminuire fenomeni politici reali, non crearli o cancellarli. Ed è sempre meglio diffidare dei politici che scaricano sui giornali le proprie difficoltà.

Il fatto è che Nichi Vendola ha visto ridursi il proprio spazio man mano che il Pd di Bersani scivolava verso di lui, spinto dall’antica paura per la concorrenza a sinistra. Dunque si tratta di un successo generale per il presidente pugliese, che gli costa un sacrificio personale ma gli consente di rendere accettabile nel proprio mondo un’alleanza col Pd, fino al punto da far ipotizzare liste comuni alle politiche (dipende da quale sarà il sistema elettorale).

Matteo Renzi (in ombra un anno fa, quando Vendola era sotto i riflettori) è anche figlio di questa situazione. I vuoti si riempiono e il gruppo dirigente di Bersani per non perdere contatto con Cgil, Fiom e Vendola mentre decideva di appoggiare il governo Monti ha lasciato una voragine nell’area di centrosinistra liberal, schiettamente democratica o semplicemente non etichettabile lungo l’asse tradizionale sinistra-destra.

Sono scelte. Legittime, forse paganti. Ma se oggi lo sfidante che Bersani teme si chiama Renzi, e appare più pericoloso per la tenuta del Pd di Vendola, la ragione è solo questa. E non stupisce che adesso il segretario Pd desideri tenere Nichi nella contesa: nella sua formazione è scritto che si vince stando al centro, mai troppo a sinistra.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.