Ognuno la sua parte

La settimana scorsa Nadia Ferrigo mi ha raccontato di un programmaccio tv spagnolo, su Telecinco: La Noria, una cosa serale di spazzature televisive varie, che ha talmente passato il segno del degrado e delle scorrettezze nei confronti dell’informazione, della verità e degli spettatori, che una campagna su internet ha convinto i grandi inserzionisti che – successo o no del programma – era meglio smettere di associare il proprio brand a quel programma. Che lo abbiano fatto per dignità e senso della responsabilità o per valutazioni di efficacia non so, e non mi interessa: contano i buoni risultati. La storia è raccontata più diffusamente qui. Poi ci sono stati successivi sviluppi e il programma è stato spostato a dopo la mezzanotte.

Che si tratti di uno dei molti incidenti sull’inarrestabile percorso del peggioramento qualitativo dell’offerta televisiva in mezzo mondo, e della mediocrità umana e culturale che la cura, oppure un’occasione per sperare che un altro mondo sia possibile, non so. Però ogni singolo successo è un successo e vale da solo. E quel successo mi è tornato in mente leggendo della storia dei giorni scorsi sui falsi passeggeri della Costa Concordia ospitati in diversi talk show televisivi italiani. Storia che mi scandalizza poco: è la routine della cialtroneria squallida di molti programmi delle rete nazionali, soprattutto quelli del pomeriggio, e per una storia così rivelata ce ne sono altre cento che ignoriamo.

Le ignoriamo anche perché non riguardano molti di noi. Sono sicuro che tra le persone che frequento ogni giorno, tra quelle che incontro, tra quelle che leggono questo blog, tra quelle con cui parlo su Twitter, la percentuale degli spettatori che seguono quei programmi da circo dei poveracci è assai ridotta. Ma è giusto abbandonare su quelle navi – per restare in tema – i passeggeri che non sono in grado di raggiungere le scialuppe o non possono permettersi di meglio? Io le vedo quasi mai, e troppo poco per sapere esattamente chi sono gli inserzionisti dei programmi di pettegolezzo, scandalismo da rotocalco sfigato e cronacaccia nera che vanno in onda al pomeriggio ma anche alla sera, per il pubblico meno giovane o con meno occasioni di scelta e strumenti di comprensione della realtà. Proverò a dare un’occhiata, e vedere se tra quelli ci sono aziende che nei loro spot promuovono messaggi o idee di qualità della convivenza, di miglioramento del paese, di interesse per la comunità: perché se così fosse, che questi messaggi finanzino simili programmi sarebbe contraddittorio, a dir poco. E se anche si limitano a promuovere i loro prodotti, voglio vedere se sono gli stessi prodotti che compriamo noi che abbiamo idee diverse del ruolo della tv: e magari ne scegliamo altri, no?

Poi vi faccio sapere.

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Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).