Ma liberazione de che?

C’è stato un tempo in cui Gianni Alemanno sembrava il migliore della sua destra, poi tutto si è perduto – non svanito, non evaporato, ma crollato, rovinosamente crollato, portandosi dietro vent’anni di storia post-fascista e di svolte di Fiuggi, di An e di Gianfrancofini. Cinque anni dopo la presa del Campidoglio, fra un braccio teso e una celtica, Alemanno ha perso le elezioni. Ignazio Marino, il vincitore, dice che la città è stata liberata, come se ci fosse stato un nuovo 25 aprile. Siccome le parole sono nannimorettianamente importanti, dove sta la liberazione, anzi la Liberazione? Ancorché cialtroni – ed è un bene che Alemanno torni al mestiere di passante per caso – dove sono gli “occupanti”? C’è un cortocircuito fra la drammatizzazione del linguaggio, che evoca guerre civili, e la partecipazione elettorale. Perché al netto delle super sentite tensioni etiche contrapposte – occupanti versus liberatori – quello che colpisce alle elezioni romane è l’inesorabile vaffanculo di chi non è andato a votare. Come se gli scontri fossero una rievocazione teatrale che annoia lo spettatore. Fra cinque anni cosa ci sarà da liberare?

David Allegranti

Giornalista, blogger. La Stampa, Panorama, Vanity Fair, Foglio, Corriere Fiorentino, Gazebo. Autore di The Boy (Marsilio). Interista. Ghinetti giovani 2012. Su Twitter è @davidallegranti.