John Horton Conway e la matematica come gioco

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To boldly go where no configuration had gone before! (da Wikimedia Commons)

Come sapete, l’11 aprile scorso John Horton Conway è morto, per complicazioni legate a CoViD-19. In rete trovate tantissimi ricordi, comprese interviste pubblicate in passato. In inglese potete per esempio leggere l’obituary del New York Times; il ricordo di Elizabeth Landau sullo Scientific American; quello di Rachel Thomas su Plus Magazine; un articolo di Siobhan Roberts, che ha scritto la biografia di Conway Genius at Play, in cui specifica che “Conway’s ego is so sizable that it seemed to demand its own font” – per i curiosi, la font è Alegreya Sans.

Se siete diversamente parlanti inglese, niente paura: gli amici di MaddMaths! hanno anch’essi pubblicato tante cose. C’è il lirismo di Nicola Ciccoli; un intero capitolo dal libro di Roberto Lucchetti e Giuseppe Rosolini Matematica al bar; la “macchina per produrre numeri primi” raccontata da Alessandro Zaccagnini; i Soldati di Conway presentati da Davide Palmigiani, anche se io amo di più i dialoghi di Roberto Zanasi (Qui, qui e qui le tre puntate). Ultimo arrivato, Andrea Zanni per il Tascabile. E vorrei partire proprio da questi post, diversissimi tra loro, per raccontare quello che a me ha sempre colpito del Conway matematico: il suo amore per i giochi.

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Maurizio Codogno

Matematto divagatore; beatlesiano e tuttologo at large. Scrivo libri (trovi l'elenco qui) per raccontare le cose che a scuola non vi vogliono dire, perché altrimenti potreste apprezzare la matematica.