Il bello di fare le cose piano

Sto usando da un mese un MacBook Air da 11′ e ne scrivo qualcosa di un po’ più solido, dopo le prime impressioni, sulla sua maggiore attrattiva. È impressionantemente veloce, con tutto il suo carico di processori, memorie flash e numeri che lascio alle recensioni da supergeek. Era da tempo che non notavo un salto di piacere di uso così immediato in termini appunto di velocità. Le applicazioni si aprono in pochi istanti (Photoshop pronto all’uso in cinque secondi, Word in sei, iPhoto in tre), il login ha bisogno di una quindicina di secondi, i comandi rispondono immediatamente e non vedo da giorni rotelline colorate girare. Se lui va veloce, puoi andare piano tu e limitare i nervosismi. Poi è piccolo (mi sto abituando alla dimensione del testo) e leggero, ed è un computer vero, a differenza di iPad che solo gli appassionati o chi ne fa usi parchi possono pensare di usare stabilmente in sostituzione: io di fatto continuo a leggerci i giornali (con grande soddisfazione), usare le mappe, e poco più.

Air è diventato un computer vero, solo piccolo. Chi continui a essere diffidente del trasferimento del proprio rapporto con i computer a un oggetto piccolo, resti fedele ai desktop: ma il mondo sta andando da questa parte, e allora non c’è ragione di non scegliere quello davvero piccolo che va velocissimo. Non ha una presa ethernet, ma ormai serve poco, e per chi la usa stabilmente un adattatore USB è innocuo. Ha migliorato un po’ di cose che mancavano nelle precedenti versioni. Ho solo già saturato la memoria flash con la mia enorme libreria di iTunes, e solo questo – per uno restio a distribuire i suoi possessi su memorie esterne – mi agita un po’.


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Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).