Con sinceri auguri

Sto cercando di occuparmi d’altro, un po’ per punire come merita la mia ingenua opinione che questo non sarebbe avvenuto, un po’ per superare la delusione. Ma a questo proposito spiego una cosa che vedo un po’ equivocata, in giro: poi magari vale solo per me (condivido quello che dice Francesco Costa sui limiti di alcune impressioni).

Il problema, per me, non è che Renzi riesca o no a fare delle cose buone partendo da queste condizioni; o meglio: è anche questo, come ho scritto, perché temo non ci riuscirà partendo da queste condizioni, per quanto non ne sottovaluti le capacità rare. Ma comunque vada, il fine non giustificherà i mezzi: perché i mezzi sono il fine. Era che non facesse una cosa come questa, la ragione per cui molti fino a oggi avevano dato credito a Renzi e lo avevano apprezzato.

Io credo che l’Italia abbia bisogno di nuovi modelli, nuovi modi di fare le cose, nuovi rapporti con se stessa e con la convivenza civile. Non di risultati nuovi e miracolosi, che non è in grado di ottenere nessuno a breve, e per i quali serviranno anni: solo se però si cambiano proprio gli approcci.
Quello che Renzi ha annunciato fino a oggi è un cambiamento radicale nel modo di fare le cose, un altro modo di essere italiani e di affrontare i problemi dell’Italia, e lo ha spesso anche mostrato: non ha mai promesso soluzioni rapide e geniali, non abbiamo ancora neanche capito bene quali possano essere. Ma abbiamo sempre confidato che – a fronte dei fallimenti precedenti – servisse un radicale cambiamento di prospettiva, priorità e modi. Abbiamo da tempo constatato scorati che “il problema sono gli italiani”, una sbrigativa semplificazione che però allude sensatamente a un paese in cui prevale il bene della propria famiglia, cosca, campanile, pianerottolo, individuo singolo, corporazione; in cui prevale il cercare di fregare sempre il prossimo; in cui della comunità non gliene frega niente a nessuno; in cui prevale il disincanto e la diffidenza nei confronti dello stato e degli altri; in cui è coltivato ed esaltato il male del proprio nemico e persino la costruzione apposita di un proprio nemico per poterne volere il male; in cui niente viene ricondotto a un percorso lungo di ragionevolezza e progetto ambizioso e tutto a una ricerca immediata di piccoli risultaticchi; in cui una scorciatoia è sempre un’opportunità, mai un danno per qualcun altro o un cattivo esempio. Un paese in cui il libero esercizio della democrazia manda al governo Silvio Berlusconi, elegge Scilipoti, consegna un terzo dei voti a quelli dei microchip. Un paese in cui la dirigenza politica che lo rappresenta ha come tratti prevalenti la mediocrità umana e intellettuale, l’interesse privato e l’incapacità di capire il mondo e i tempi: ed è stata eletta grazie alla qualità dell’informazione e consapevolezza degli elettori. Un paese in cui il problema non è di certo Enrico Letta, né la sua sostituzione oggi piuttosto che tra sei mesi.

Ecco, abbiamo pensato che si dovesse cominciare a cambiare tutto questo, in ogni singolo atto, offrendo modelli convincenti e nuovi, con l’obiettivo del bene di tutti e non del male del nemico a costo di affondare tutti, o almeno con quello di “fare bene le cose”. Abbiamo pensato che il mezzo fosse il fine, insomma: e che il percorso sia il traguardo, perché la vita delle persone e delle nazioni è fatta di continui percorsi e rari traguardi figli di quei percorsi.

Per queste ragioni, quello che è successo in questi giorni è di per sé un fallimento, a prescindere dalle illusioni sui suoi risultati futuri. Perché è stato il tradimento di tutto questo e l’adeguamento a tutti i peggiori meccanismi citati: lo smentire quel che si è appena detto, il fregare con trucchi e prepotenze il prossimo, lo scantonamento dai percorsi corretti, la pretesa di decidere per tutti senza averne mandato né consenso, e altre mille ne potremmo aggiungere che abbiamo visto in questi giorni. Il cui risultato è stato portarci di dieci caselle indietro, invece che avanti. Mi fermo per non offendere nessuno che invece condivida per ragionamenti rispettabili di altro tipo quello che è successo: credo nelle buone fedi di alcuni, a cominciare, senza dubbi, da quella di Renzi. Penso che alla sua lungimiranza politica – di certo superiore alla mia – sia mancata un’attenzione a questa cosa, troppo tempo lontano dagli scout, forse. E mi auguro che lui e chi lo aiuterà siano così bravi da recuperare le dieci caselle: da lunedì vedremo, rispettosi ma esigenti, dai nostri divani.

Ma la cosa che ho visto io è questa: era in testa alla gara con una corsa eccezionale ed esemplare che aveva battuto persino i dopati e i truffatori, e ha accettato da gatti e volpi di avvicinare la linea del traguardo: un piccolo inganno per far prima, tanto che differenza fa?
La differenza è che lo ha fatto davanti a tutti – compresi i suoi non pochi nemici – persino spiegandoci che è ok, e ora tutti sappiamo – come ci avevano sempre detto fino a oggi – che non c’è bisogno di fare le cose in modi diversi e più nobili e coerenti, che invece si può fare come sempre, che va bene, contano i presunti risultati, e che questo è l’approccio efficace, la prossima volta che capiterà a noi: già domattina quando non troviamo parcheggio, probabilmente.

Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).