Il discorso di Mattarella è stato più nostalgico e cupo del solito
Si è soffermato molto sulla storia della Repubblica, insistendo sulla capacità della democrazia di resistere alle difficoltà

Mercoledì poco dopo le 20:30 il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha tenuto il tradizionale discorso di fine anno. Mattarella ha parlato dal palazzo del Quirinale, la sede della presidenza della Repubblica.
Durante il discorso erano visibili, come in passato, una bandiera italiana, una dell’Unione Europea, lo stendardo con il simbolo della presidenza e un albero di Natale. Questa volta però c’erano anche una copia della Costituzione e la riproduzione di una foto molto famosa, scattata da Federico Patellani dopo la pubblicazione dei risultati del referendum del 2 giugno 1946, con cui l’Italia diventò una repubblica: la foto ritrae una giovane donna sorridente con la prima pagina del Corriere della Sera, con il titolo “È nata la Repubblica italiana”.
Il discorso è stato trasmesso a reti unificate da diverse televisioni ed è durato circa 15 minuti. Mattarella ha iniziato riconoscendo che il 2025 è stato un anno «non facile». Ha parlato subito della situazione internazionale e delle guerre in corso, in particolare della guerra in Ucraina e di quella che lui ha definito «la devastazione» della Striscia di Gaza. Ha sostenuto la necessità di ottenere la pace, definendo «incomprensibile e ripugnante il rifiuto di chi la nega perché si sente più forte».
È stato per molti versi un discorso nostalgico, e un po’ più cupo del solito. Per gran parte del tempo, Mattarella ha parlato degli eventi che hanno segnato la storia della Repubblica italiana, di cui il prossimo anno verrà celebrato l’ottantesimo anniversario, insistendo molto sui progressi compiuti dalla fine della Seconda guerra mondiale, e più in generale cercando di trasmettere l’idea che l’Italia abbia le capacità per resistere alle difficoltà di oggi.
Mattarella ha evitato di fare commenti troppo diretti sull’attuale situazione politica, e ha ripercorso in generale molti momenti importanti degli ultimi ottant’anni, partendo dall’introduzione del suffragio universale e del diritto di voto alle donne, e menzionando altri momenti storici come il già citato referendum del 1946, la firma dei Trattati di Roma (alcuni dei documenti più importanti della storia dell’Unione Europea), ma anche gli anni del terrorismo, e l’assassinio dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. In diverse occasioni ha comparato i problemi del passato a quelli di oggi, per esempio quando ha ricordato il “piano casa” (un grande piano di edilizia sociale realizzato tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Sessanta), paragonandolo «alle difficoltà delle giovani coppie a trovare casa oggi nelle nostre città».
Nel discorso Mattarella ha parlato dell’importanza dell’Unione Europea e della NATO, da lui definite «le coordinate dell’azione internazionale» dell’Italia. Soprattutto, ha sottolineato più volte l’importanza della coesione sociale, cioè – semplificando un po’ – l’unità delle diverse forze politiche e sociali, a sostegno dei principi fondativi della Repubblica. Mattarella l’ha definita «la nostra vera forza», e in più momenti ha elogiato la capacità dei diversi partiti politici di trovare un senso di unità nonostante le proprie differenze.
Mattarella ha detto che la storia della Repubblica italiana è una storia di successo, sottolineando come nel corso dei decenni l’Italia sia passata dalla povertà del periodo dopo la Seconda guerra mondiale a essere un paese ricco e «di rilievo sulla scena internazionale». Ha citato alcuni problemi attuali, in particolare «povertà, diseguaglianze, ingiustizie, corruzione, infedeltà fiscale, reati ambientali». Riconoscendo che la situazione al momento è complicata, ha cercato comunque di trasmettere un messaggio di ottimismo, dicendo che «nessun ostacolo è più forte della nostra democrazia». Ha concluso rivolgendosi direttamente ai giovani, invitandoli a essere «esigenti e coraggiosi», e a «sentirsi responsabili come la generazione che, ottant’anni fa, costruì l’Italia moderna».



