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  • Lunedì 29 dicembre 2025

Il governo ha approvato il decreto sulle armi all’Ucraina, con qualche trucco linguistico

La Lega è riuscita a far togliere i riferimenti all'ambito militare nel titolo, ma la sostanza è rimasta la stessa

Matteo Salvini a Lamezia Terme, in Calabria, il 30 settembre 2025 (Valeria Ferraro/SOPA Images via ZUMA Press Wire)
Matteo Salvini a Lamezia Terme, in Calabria, il 30 settembre 2025 (Valeria Ferraro/SOPA Images via ZUMA Press Wire)
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Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto legge che proroga per tutto il 2026 la possibilità di inviare aiuti militari all’Ucraina. Doveva essere approvato a inizio dicembre, ma è stato rimandato per diversi motivi, in particolare per le richieste della Lega, che voleva cambiare il testo per dare più importanza agli aiuti civili e sottolineare la funzione difensiva (e non offensiva) delle armi. Alla fine è stata fatta qualche piccola modifica lessicale, ma la sostanza è rimasta la stessa. Il decreto prevede anche il rinnovo dei permessi di soggiorno per alcuni cittadini ucraini e una copertura assicurativa per i giornalisti freelance inviati nei territori di guerra.

Le prime differenze nel testo appena approvato, rispetto a quelli precedenti (approvati ogni anno a partire dal 2022, dopo l’inizio della guerra), sono nel titolo: nel decreto del 2024 si parlava di «mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari», ma ora l’aggettivo «militari» non c’è più (mentre è rimasto nel testo). Sempre nel titolo è cambiata anche la destinazione degli aiuti: non più solo alle «autorità governative» ma anche alla «popolazione» dell’Ucraina.

Nel nuovo testo, poi, si dice che è urgente prorogare non solo l’invio di armi, ma anche «interventi a supporto delle attività di assistenza alla popolazione». Infine si aggiunge che, tra i materiali da inviare, va data priorità a quelli «logistici, sanitari, ad uso civile e di protezione dagli attacchi».

Sono correzioni un po’ più caute rispetto ad altre originariamente proposte dalla Lega. Il senatore leghista Claudio Borghi, per esempio, aveva proposto di vincolare l’invio delle armi alla prevalenza di equipaggiamento per la difesa della popolazione. La Lega aveva anche ipotizzato di far durare l’autorizzazione tre mesi, invece che un anno come al solito, ma la proposta era stata subito respinta.

La Lega esprime da tempo molte perplessità rispetto all’invio di aiuti militari in Ucraina, e le ha manifestate anche altre volte attraverso cautele e precisazioni di questo tipo. È successo, per esempio, per alcune risoluzioni parlamentari, cioè gli atti con cui il parlamento esprime orientamenti politici su diversi temi per indirizzare le decisioni del governo. Nelle risoluzioni approvate dalla Camera a ottobre e a dicembre, in vista di due riunioni del Consiglio europeo, non si parla di aiuti militari, ma di «sostegno multidimensionale» all’Ucraina. È una formula senza nessun significato preciso, inserita proprio per accontentare i leghisti.

Nonostante i cambiamenti, la funzione del decreto appena approvato non dovrebbe cambiare: parlando del provvedimento, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha detto che il governo continuerà a sostenere l’Ucraina «militarmente, economicamente, finanziariamente e politicamente».

– Leggi anche: Il governo comincia ad avere problemi nell’invio di armi all’Ucraina

Con questo provvedimento, infatti, il governo non decide quanti e quali aiuti inviare all’Ucraina, ma semplicemente rinnova l’autorizzazione a inviarli. Per la precisione, il governo proroga la deroga a una legge del 1990, che vieta l’invio di armi a paesi in guerra. La prima deroga fu approvata dopo l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, nel febbraio del 2022, dal governo di Mario Draghi, ed era valida fino alla fine dell’anno. A dicembre del 2022 il governo di Giorgia Meloni, entrato in carica nel frattempo, la rinnovò per tutto il 2023 e ha continuato a farlo alla fine di tutti gli anni.

Come sempre, la quantità effettiva di armi, munizioni e macchinari da inviare in Ucraina sarà poi decisa dal governo con altri decreti, i cosiddetti “pacchetti” di aiuti, i cui contenuti non sono pubblici (il ministero della Difesa li rivela solo al COPASIR, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica).