Willie Nelson non sa stare fermo

A 92 anni uno dei più importanti cantautori americani continua a fare concerti, scrivere canzoni e guidare il pulmino della sua band

Willie Nelson in concerto a Austin, in Texas, nel 2024 (Gary Miller/FilmMagic)
Willie Nelson in concerto a Austin, in Texas, nel 2024 (Gary Miller/FilmMagic)
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Da febbraio a settembre il cantautore americano Willie Nelson ha tenuto 45 concerti, spostandosi da una costa all’altra degli Stati Uniti e concentrando spesso più date in pochi giorni. Sono ritmi che risulterebbero impegnativi per musicisti giovani e in forze, e che sono a maggior ragione sorprendenti visto che Nelson ha 92 anni. Da oltre metà della sua vita è uno dei più importanti e stimati cantautori americani.

Non smette quasi mai di viaggiare, spesso e volentieri guidando personalmente il pulmino in cui trasporta gli strumenti e i membri della Family, la sua band. Da più di sessant’anni suona in giro per gli Stati Uniti, alternando lunghi tour a pause molto brevi. Nei rari momenti in cui si ferma, sul suo sito compare un messaggio: «Torna a controllare spesso: Willie è sempre in viaggio» (l’espressione utilizzata è “On The Road Again”, titolo di una delle sue canzoni più famose).

Quando non è impegnato coi concerti, passa la maggior parte del suo tempo a comporre musica in studio. Negli ultimi due anni ha pubblicato quattro album, tutti molto apprezzati dalla critica e sorprendentemente diversi tra loro per suono, testi e musicisti coinvolti.

Nelson è una figura mitica della cultura pop statunitense, anche per la sua estetica inconfondibile. Da oltre mezzo secolo si presenta sul palco con lunghissime trecce ispirate alla cultura Cherokee, spesso indossando una bandana rossa e abiti da cowboy, e imbracciando l’inseparabile Trigger, una chitarra classica Martin con corde in nylon datata 1969, consumata da centinaia di graffi e diventata ormai parte integrante della sua immagine. La carriera di Nelson colpisce da anni giornalisti musicali e addetti ai lavori, che rimangono spesso spiazzati dalla sua vivacità, dalla sua lucidità di pensiero e dalla sua ironia sorprendentemente al passo coi tempi.

In una recente intervista al New Yorker, Nelson ha rivelato qualcosa in più della sua vita. Quando non guida o non ha una chitarra in mano, di solito passa il tempo a fare ginnastica, con una routine di esercizi collaudata: addominali, rotazioni delle braccia, squat e corsa sul posto. «Sono in ottima forma fisicamente, considerando i miei 92 anni. E poi mi sono svegliato di nuovo stamattina, è già un gran risultato», ha raccontato.

L’armonicista Mickey Raphael ha detto che, nonostante l’età, durante le esibizioni dal vivo Nelson è ancora molto esigente e concentrato, e pure un po’ autoritario. Sono i musicisti a doversi adattare ai suoi ritmi, non il contrario: «È lui a dettare il tempo. Sceglie le canzoni e noi lo seguiamo». Secondo sua figlia Amy, «la musica è letteralmente ciò che lo mantiene in vita». La sua tenuta fisica e la sua prontezza mentale risultano ancora più impressionanti se si considera che Nelson non è propriamente un salutista.

Per la stragrande maggioranza della sua vita è stato un incallito fumatore di marijuana, una sostanza a cui attribuisce un significato quasi mistico, e da anni porta avanti iniziative per la sua legalizzazione in tutti gli Stati Uniti attraverso la National Organization for the Reform of Marijuana Laws, associazione di cui è copresidente.

In un’intervista di qualche anno fa, il giornalista di Rolling Stone Patrick Doyle lo definì «il fattone più leggendario d’America», aggiungendo che, prima che gente come Snoop Dogg e Woody Harrelson diventasse famosa, quel ruolo nell’immaginario collettivo era già stato di Nelson. Lo stesso Snoop Dogg ha raccontato che Nelson è l’unica persona in grado di fumare più canne di lui, che pure ne fuma una quantità spropositata: «ho dovuto arrendermi», ha detto ricordando una serata che trascorsero insieme fumando da un bong.

Ma gli aneddoti sulla passione di Nelson per la marijuana sono tantissimi: nel 2003 il collega Toby Keith dedicò addirittura una canzone alla sua proverbiale resistenza da fumatore, “I’ll Never Smoke Weed With Willie Again” (Non fumerò mai più erba con Willie).

Non smise di fumarla neppure nel 2019, quando gli fu diagnosticato un enfisema polmonare, scegliendo però di usare un vaporizzatore per evitare la combustione. «Non potrei mai tradire la marijuana[…]. A differenza della cocaina, non mi ha mai agitato o pompato l’ego. Al contrario, mi ha sempre calmato. A differenza dell’acido, non mi ha mai incasinato il cervello: mi ha rasserenato. E a differenza del tabacco, non ha provocato il cancro che ha ucciso mia madre e mio padre», ha scritto in una recente autobiografia.

Di recente ha raccontato che, per via del suo enfisema, ha dovuto placarsi: ora fuma molto raramente, e assume THC (il principio attivo della marijuana) soprattutto attraverso prodotti commestibili.

Nelson cominciò a sviluppare una certa sensibilità per la musica già da bambino. Durante gli anni delle scuole elementari ad Abbott, in Texas, un insegnante gli mise in mano la chitarra e lo coinvolse in un laboratorio di polka, una danza di origine boema. Approfondì poi lo strumento da autodidatta, sviluppando un’impostazione estremamente personale e un tocco che sarebbero diventati degli elementi distintivi del suo suono.

La sua carriera da musicista cominciò alla fine degli anni Cinquanta, quando si trasferì a Nashville, in Tennessee. Ai tempi la città era la principale destinazione per chi voleva cimentarsi nel country, al punto che il genere veniva frequentemente definito “Nashville sound”. Nelson, però, inizialmente non ci andò con l’aspettativa di cantare: cominciò a suonare il basso nella band di Ray Price, uno dei cantanti più in voga del tempo.

Poi fondò un suo gruppo, i Record Men, e cominciò a scrivere canzoni per suo conto, facendosi conoscere nel sud-ovest degli Stati Uniti.

Fin dagli inizi, Nelson ha interpretato la musica country in modo tutto suo, discostandosi da alcuni canoni del genere. All’epoca le canzoni facevano parte di un repertorio molto codificato, sia dal punto di vista musicale sia da quello interpretativo.

Nelson contribuì a scardinarlo introducendo progressioni armoniche più libere e un fraseggio vocale unico: cantava spesso “behind the beat”, cioè leggermente in ritardo sul tempo, per dare maggiore enfasi al significato e all’intensità delle parole, più che alla precisione dell’esecuzione. Questa sua scelta stilistica, che inizialmente fece storcere il naso a molti discografici, alla fine contribuì a rendere lo stile di Nelson unico e avvicinò al country anche musicisti provenienti da generi più sofisticati, come per esempio il jazz.

Anche la sua scrittura era anomala per gli standard del tempo: i testi della maggior parte dei musicisti country raccontavano spesso una vita rurale idealizzata, fatta di duro lavoro nei campi, valori familiari, amori strazianti e un patriottismo molto ostentato.

Nelson si allontanò in parte da questi cliché: continuò a scrivere di amore e di fedeltà alla propria terra, ma con uno stile più intimo, poetico ed esistenziale, paragonato talvolta a quello del collega Hank Williams. E affiancò a queste canzoni più “rurali” altre ispirate a suoi interessi personali, come la cultura dei nativi americani e l’attenzione per le comunità marginalizzate.

Un altro tema molto caro a Nelson è la condizione dei piccoli agricoltori americani. Nel 1985, quando era un cantautore famosissimo già da un quarto secolo, creò insieme ai colleghi Neil Young e John Mellencamp il Farm Aid, un concerto per raccogliere fondi a sostegno delle aziende agricole a conduzione familiare negli Stati Uniti. Si tiene ancora oggi, e nel 2025 ha raggiunto la 41esima edizione.

La band di Willie Nelson si chiama “Family” e non casualmente, dato che per decenni è stata composta da persone legate tra loro da rapporti di parentela o da legami personali molto stretti.

Al pianoforte, per oltre cinquant’anni, c’è stata sua sorella Bobbie Nelson. Alla batteria suonava Paul English, figura storica del gruppo e legato a Nelson da un rapporto quasi fraterno, poi sostituito dal fratello Billy dopo la sua morte. Il chitarrista storico Jody Payne ha lasciato il posto al figlio Waylon, e l’armonicista Mickey Raphael fa parte del gruppo dal 1973: quando suonò insieme a Nelson per la prima volta aveva 21 anni, oggi ne ha 74.

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