In Germania un uomo è stato condannato per aver drogato e stuprato la moglie per anni, e condiviso i video delle violenze online

L'uomo accusato delle violenze seduto in tribunale, col volto e la testa coperta per non farsi riconoscere (Rolf Vennenbernd/dpa/ANSA)
L'uomo accusato delle violenze seduto in tribunale, col volto e la testa coperta per non farsi riconoscere (Rolf Vennenbernd/dpa/ANSA)

Venerdì un tribunale di Aquisgrana, in Germania, ha condannato un uomo a otto anni e sei mesi di carcere per aver ripetutamente drogato a sua insaputa la moglie e averla poi stuprata, condividendo successivamente i video delle violenze online, su chat e siti. È una storia che vari quotidiani tedeschi stanno paragonando a quella di Gisèle Pelicot, la donna che in Francia fu inconsapevolmente drogata e stuprata dal marito e da decine di altri uomini per anni. Il processo di Pelicot è stato uno dei più seguiti degli ultimi anni in tutto il mondo, e ha contribuito a riaprire una discussione sulla cosiddetta “cultura dello stupro”, sei anni dopo l’inizio del movimento #MeToo in Francia. Nel processo di Pelicot si è concluso con la condanna per decine di uomini.

L’uomo condannato in Germania si chiama Fernando P. (il cognome non è stato comunicato, come spesso succede nei processi tedeschi) e ha 61 anni. Era stato arrestato lo scorso febbraio, al termine delle indagini: è accusato di stupro aggravato, violenza sessuale, lesioni gravi e altri reati. La rivista tedesca Spiegel scrive che l’indagine è stata condotta dall’agenzia federale di polizia tedesca Bundeskriminalamt (BKA) dopo una segnalazione da parte di alcuni giornalisti. I fatti per cui l’uomo è stato condannato risalgono a un periodo che va dal 2018 al 2024, e si sarebbero svolti proprio a casa della coppia. Secondo la BKA questo genere di crimini viene compiuto «prevalentemente sfruttando una relazione di fiducia, connotata soprattutto dal punto di vista sociale: per esempio un matrimonio, una relazione, una famiglia o altri tipi di conoscenze (vicini di casa, amici, colleghi)».