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  • Martedì 16 dicembre 2025

Cosa c’è nel “piano casa nazionale” presentato da quaranta città

Dieci proposte per colmare le mancanze del governo, che ha fatto molti annunci ma ancora nulla di concreto

Le case nel centro storico di Bologna
Le case nel centro storico di Bologna (David Silverman/Getty Images)
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Sindaci e assessori di quaranta città italiane tra cui Roma, Milano, Bologna, Napoli, Firenze, Bari e Torino hanno presentato un piano nazionale per sostenere il diritto alla casa. È costituito da dieci proposte per dare ai comuni più poteri, più soldi e più strumenti per mettere a disposizione più case e governare meglio ciò che rende la questione fonte di problemi per molte persone, come l’aumento dei prezzi e la diffusione degli affitti brevi.

Chi ha presentato il piano sostiene che negli ultimi anni il governo non abbia fatto abbastanza per far fronte a un mercato della casa sempre meno accessibile, non solo a chi è in difficoltà economica. A un rapido e straordinario rincaro non sono seguite altrettanto rapide e straordinarie misure per limitare l’impatto dei prezzi, e in questo modo sono aumentate soprattutto le disuguaglianze. Secondo questi sindaci e assessori, nelle città il diritto all’abitare è sempre più compromesso, con ricadute su salute, lavoro, studio e qualità della vita.

Ogni città ha provato a intervenire in modi diversi, chi riqualificando il più possibile le case popolari, chi costruendone di nuove, chi puntando sugli studentati e chi sulla creazione di agenzie sociali per l’affitto, chi ancora cercando di mettere dei limiti al mercato degli affitti brevi. In particolare nei centri storici delle città più turistiche molte case (spesso la maggior parte delle case) sono state convertite in alloggi per gli affitti brevi, e quindi tolte dal mercato degli affitti per gli abitanti. L’iniziativa delle singole città però non è stata sufficiente.

La prima delle dieci proposte del piano casa nazionale consiste nel finanziare lavori di recupero e di manutenzione dell’edilizia residenziale pubblica, ovvero delle case popolari, oltre che nell’approvare una legge per uniformare il diritto di accesso all’edilizia pubblica. La seconda chiede di assegnare gratuitamente ai comuni gli immobili pubblici ora inutilizzati. La terza di rifinanziare il fondo nazionale per la morosità incolpevole, un sostegno economico alle persone che non possono permettersi di pagare l’affitto a causa di loro oggettive difficoltà, e non perché non vogliono pagare.

Nella quarta proposta le città chiedono una legge nazionale per regolare gli affitti brevi turistici. In realtà lo chiedono da anni, perché finora i comuni hanno pochi strumenti per intervenire e molte delle regole introdotte attraverso le ordinanze comunali sono state contestate attraverso ricorsi in tribunale.

La quinta proposta consiste nel finanziamento di un piano nazionale per le persone senza una casa, costruendo percorsi di inclusione sociale. La sesta chiede di favorire la firma di contratti a canone concordato, più vantaggiosi per gli inquilini, con un abbassamento delle tasse o delle imposte per chi affitta. Allo stesso modo, le città chiedono di penalizzare con un aumento delle tasse chi lascia le case vuote.

Nella settima proposta si chiede di contenere i costi di costruzione delle nuove case popolari attraverso appalti che favoriscano modelli di case prefabbricate, meno costose e con tempi di costruzione più veloci. L’ottava proposta chiede al governo di riconoscere le agenzie sociali per l’affitto come strumento per far incontrare la domanda di affitto e l’offerta, e favorirne l’apertura con agevolazioni fiscali. La nona di mettere più soldi per il diritto allo studio e integrare gli studentati privati nel sistema pubblico, per impedire che fondi pubblici alimentino il mercato di posti letto a prezzi poco accessibili. La decima e ultima chiede di costituire fondi immobiliari gestiti dagli enti pubblici dedicati agli investimenti nell’edilizia popolare.

– Leggi anche: In Italia ormai gli studentati a prezzi accessibili sono rarissimi

Emily Clancy, vicesindaca di Bologna, una delle città che più di altre sta cercando di sopperire alla mancanza di case, dice che le città stanno facendo la loro parte, ma che da sole non possono rispondere a una crisi abitativa enorme e strutturale: «Gli sforzi non bastano senza un piano nazionale che accompagni l’azione dei comuni, invertendo decenni di disinvestimento pubblico e garantendo risorse dedicate anche nella legge di Bilancio».

Sia al Meeting di Rimini dello scorso agosto che più di recente ad Atreju, la manifestazione della giovanile di Fratelli d’Italia, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha promesso il finanziamento di un piano casa nazionale per aiutare le famiglie e le giovani coppie. Finora però gli annunci sono rimasti tali.

Ad agosto il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini ci aveva provato, commissionando studi di fattibilità ad associazioni e imprese. Inizialmente voleva proporre un piano da 15 miliardi di euro, ma presto si è capito che erano troppi soldi (l’intera legge di bilancio di quest’anno è di 30 miliardi circa). Salvini aveva poi ridimensionato le richieste, ma alla fine non c’è stato spazio nemmeno per un emendamento da appena 877 milioni di euro proposto dal suo partito, la Lega, che prevedeva incentivi per l’acquisto e agevolazioni per gli affitti.