Storia di un registratore seriale di concerti

Mike Millard aveva un metodo collaudato per realizzare i suoi “bootleg” clandestini: includeva una sedia a rotelle

I Pink Floyd in concerto a Los Angeles nel 1975 (Jeffrey Mayer/WireImage)
I Pink Floyd in concerto a Los Angeles nel 1975 (Jeffrey Mayer/WireImage)
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Venerdì è uscita una nuova edizione di Wish You Were Here, il nono album dei Pink Floyd e il più famoso insieme a The Dark Side of the Moon. La ristampa, pubblicata per celebrare il cinquantesimo anniversario dell’uscita del disco, contiene anche una novità: la registrazione di un concerto inedito che i Pink Floyd tennero alla Sports Arena di Los Angeles il 26 aprile del 1975.

Si tratta di un “bootleg”, cioè una registrazione non autorizzata fatta dai fan e distribuita clandestinamente. La realizzò il ventitreenne Mike Millard, che per entrare finse di essere su una sedia a rotelle, nascondendo sotto il sedile l’apparecchio con cui registrò il concerto: un Nakamichi 550, modello a batteria dalle dimensioni piuttosto ingombranti. Era una tecnica che utilizzava spesso, e che aveva affinato grazie a molti anni di pratica. Millard è infatti il bootlegger più famoso al mondo, probabilmente l’unico con una pagina Wikipedia dedicata. Tra gli anni Settanta e Novanta registrò clandestinamente centinaia di concerti a Los Angeles e dintorni, tra cui quelli di Yes, Alice Cooper, Emerson, Lake & Palmer, Rolling Stones, Crosby & Nash e Led Zeppelin, solo per citarne alcuni.

Oggi i bootleg (la cui vendita è ancora illegale) sono quasi scomparsi, un po’ perché passati di moda, un po’ perché non potrebbero essere distribuiti sulle piattaforme su cui la quasi totalità delle persone ascolta la musica, dove sarebbero rimossi per violazione di copyright.

Ai tempi però i supporti fisici di queste registrazioni – cassette, essenzialmente – avevano una diffusione enorme nel mercato nero, favorita da ragioni economiche e di opportunità. Registrare amatorialmente un concerto era un modo per conservare su un supporto le esibizioni delle proprie band preferite e farle circolare tra amici, conoscenti e appassionati, gratuitamente o a pagamento.

Millard è diventato un personaggio mitico nell’ambiente discografico, anche perché i nastri che produceva si distinguevano per una qualità e una pulizia tutt’altro che amatoriali. Per ottenere risultati così nitidi utilizzava dei microfoni AKG 451E, che gli permettevano di restituire con sorprendente chiarezza ogni dettaglio delle esibizioni a cui assisteva.

Anche se finora non erano mai state pubblicate “ufficialmente”, nell’ultimo mezzo secolo le registrazioni di Millard sono circolate clandestinamente tra gli appassionati di musica rock, in varie versioni non ufficiali distribuite prima su cassette e compact disc. Negli anni successivi sono state caricate su YouTube e su software illegali come eMule e BitTorrent.

La registrazione contenuta nella ristampa di Wish You Were Here, però, è stata restaurata da Steven Wilson, cantante e fondatore del gruppo di progressive metal inglese dei Porcupine Tree. Da anni Wilson ha affiancato alla carriera da musicista quella da ingegnere del suono, remixando grandi classici del rock di gruppi come Who, Rolling Stones, Black Sabbath e King Crimson. A maggio aveva curato anche una nuova versione del Live at Pompeii dei Pink Floyd.

Secondo i critici e i giornalisti che l’hanno ascoltata in anteprima, Wilson ha interferito pochissimo sulla registrazione originale di Millard, la cui qualità era già notevole in partenza.

Recentemente il giornalista di Rolling Stone Andy Greene ha intervistato Jim Reinstein, l’amico che accompagnò Millard in centinaia di palazzetti. Reinstein ha raccontato che, per evitare che gli spettatori seduti accanto a lui lo denunciassero, Millard usava una strategia semplice ma efficace: «Prima del concerto diceva a chi gli era vicino: “Questo è il mio nome e il mio numero di telefono. Se non dite niente, vi regalo una copia della registrazione».

L’impresa più sfacciata Millard la realizzò nel 1977, quando registrò un concerto dei Led Zeppelin al Los Angeles Forum mentre era comodamente seduto in prima fila. All’epoca la band era famosa per la sua inflessibile avversione ai bootleg realizzati dai fan, che spesso venivano venduti sotto banco nei negozi di dischi eludendo il diritto d’autore. «Guardammo di lato e notammo Peter Grant, [il manager dei Led Zeppelin], un omone enorme e imponente. Sapevamo che, se ci avessero beccati, saremmo stati massacrati di botte», ha raccontato Reinstein.

Alla fine le cose andarono molto bene: il risultato di quella sessione di registrazione fu Listen to This, Eddie, il bootleg più apprezzato della band.

La procedura che la coppia utilizzava era più o meno questa: una volta superati i controlli all’ingresso, Reinstein e Millard andavano nei bagni del palazzetto, dove il primo “cablava” il secondo da capo a piedi, facendogli passare i fili dei microfoni sotto i vestiti e nascondendoli sotto un cappello.

Poi Millard si alzava, piegava la sedia a rotelle e, trascinandola con sé, raggiungeva il suo posto camminando molto lentamente, fingendo di avere problemi motori. Il registratore era nascosto dentro una grande borsa gialla che teneva ai suoi piedi per tutta la durata del concerto: «a quel punto non gli restava che collegare i cavi, premere “record” e sperare che la security non notasse i microfoni che sporgevano leggermente dal cappello».

Avevano anche una procedura tutta loro per uscire dai palazzetti senza rischiare che i nastri venissero sequestrati. «Non appena si accendevano le luci, ci separavamo, io da una parte e lui dall’altra. Ero diventato esperto nel farmi strada tra la gente fino all’auto», ha detto Reinstein. «La ricompensa per le nostre imprese ci aspettava nel baule della sua automobile: una cassa di Heineken ghiacciate. Arrivavamo all’auto, ci infilavamo le cuffie, aprivamo qualche birra e ci ascoltavamo il concerto».

Un’altra caratteristica che rendeva i nastri di Millard formidabili era la sua capacità di ottenere informazioni da promoter e organizzatori di concerti. Questo gli permetteva di individuare il punto più favorevole del palazzetto da cui effettuare le registrazioni.

Per esempio, prima di quello dei Pink Floyd venne a sapere che la band avrebbe usato un sistema quadrifonico, con altoparlanti collocati in ciascun angolo dell’arena: per questo scelse di sedersi più indietro del solito, verso la sedicesima fila, in una posizione che gli permettesse di catturare meglio la distribuzione del suono intorno al pubblico. «Se non poteva avere il posto giusto, non registrava. Ecco perché le sue registrazioni sono sempre di un certo livello», ha aggiunto Reinstein.

Sempre stando al racconto di Reinstein, Millard non registrava concerti per ottenere un tornaconto economico, anzi: era fermamente contrario alla vendita clandestina di bootleg, e distribuiva agli amici le copie dei nastri gratuitamente. Prima di farlo, però, inseriva un breve segnale audio in un punto preciso della registrazione: in questo modo, se una delle sue cassette fosse stata usata per realizzare un bootleg da mettere in vendita, avrebbe potuto accorgersene facilmente.

Millard registrò concerti fino agli inizi degli anni Novanta, ma la sua attività divenne meno continua già a partire dal 1983, quando lui e Reinstein furono scoperti dalla security. Anche se è famoso per i grandi concerti rock, secondo Reinstein la registrazione migliore che il suo amico abbia mai realizzato è quella di un intimo concerto di Chick Corea, un famoso pianista jazz americano. Millard morì nel 1994, dopo una lunga dipendenza dalla cocaina e un periodo di depressione, senza «vivere abbastanza per assistere alla sua ascesa a leggenda del Monte Rushmore nel mondo delle registrazioni di concerti», ha scritto Greene.

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