• Italia
  • Venerdì 12 dicembre 2025

L’ennesimo sequestro di un palazzo a Milano, ma un po’ diverso dagli altri

C'entra sempre la grande inchiesta sull'urbanistica, ma stavolta c'erano già state due sentenze che avevano approvato le procedure

Cantiere del progetto Unico Brera sequestrato a Milano
Il cantiere del progetto Unico-Brera sequestrato a Milano (Claudio Furlan/LaPresse)
Caricamento player

La Guardia di Finanza ha sequestrato il cantiere di un palazzo nella zona di Brera, una delle più centrali e note di Milano, su ordine della procura che ha accusato 27 persone di non aver rispettato le regole urbanistiche e di non avere i permessi necessari. Quasi tutti gli indagati erano già stati coinvolti con accuse simili nell’inchiesta sulla gestione dell’urbanistica in città, basata sull’ipotesi investigativa che esista un «sistema» – cioè un gruppo di persone composto da funzionari del comune, membri della commissione comunale per il paesaggio, progettisti privati e costruttori – che avrebbe favorito in vari modi la concessione di permessi edilizi illeciti per fare speculazione attraverso grandi progetti immobiliari.

Il progetto contestato dai magistrati si chiama Unico-Brera, proposto dai costruttori Carlo e Stefano Rusconi. È un palazzo di 11 piani, alto poco più di 34 metri, con all’interno 27 appartamenti: un bilocale, 2 trilocali, un appartamento su più livelli e 23 monolocali definiti “modello Unico”. I monolocali sono in vendita a partire da 660mila euro. Il cantiere è quasi finito.

Secondo la ricostruzione della procura, fino al 2006 in quel punto c’era un vecchio palazzo del Settecento in pessime condizioni, espropriato dal comune di Milano nel 1980. Nel 2005 la giunta di Gabriele Albertini destinò l’area a un progetto di riqualificazione per ricavare 9 case popolari. I piani però cambiarono. Nel 2006 il vecchio palazzo fu demolito e nel 2010 la giunta di Letizia Moratti, di centrodestra, vendette l’area a un fondo gestito da Bnp Paribas per 20,9 milioni di euro. Nel 2018 l’area passò poi ai costruttori Rusconi.

Come per molti altri progetti contestati dalla procura, anche in questo caso i magistrati accusano i progettisti e i costruttori di aver usato impropriamente la “Scia”, cioè un documento di “segnalazione di inizio attività”, al posto di un “permesso di costruire” e del piano attuativo, pratiche più impegnative e lente, che prevedono l’analisi dell’impatto del nuovo edificio sulla zona circostante. La Scia nella maggior parte dei casi si usa per interventi minori di manutenzione o restauro, e permette di accelerare le procedure burocratiche.

Il progetto Unico-Brera però era già stato valutato nel 2021 e nel 2022 dai giudici del tribunale amministrativo regionale (TAR) e da quelli del Consiglio di Stato, a cui si erano appellati alcuni abitanti della zona contrari alla costruzione del nuovo palazzo. In entrambi i casi i giudici avevano ritenuto legittime le procedure usate dai progettisti e autorizzate dal comune.

«Non comprendo come sia possibile che lo stesso edificio per il giudice amministrativo possa essere considerato regolare, mentre per la procura e per il giudice è da considerarsi abusivo», ha detto al Corriere della Sera la vicesindaca Anna Scavuzzo, che da luglio ha la delega all’Urbanistica dopo le dimissioni dell’ex assessore Giancarlo Tancredi coinvolto nell’inchiesta. Secondo Scavuzzo, il problema sono proprio i diversi orientamenti dei giudici che hanno portato a disorientare progettisti e funzionari, con interpretazioni diverse di norme e sentenze.

Più in generale, in merito alla presunte responsabilità del comune, nel decreto di sequestro si legge che a Milano è «in corso dal 2008 un ininterrotto processo di dismissione di beni pubblici di particolare importanza archeologico-storico-monumentale, paesaggistica o testimoniale», nel centro storico in aree a forte «valore commerciale», con cui vengono «trasferiti a privati prestigiosi edifici adibiti ad uffici comunali».

Nei mesi scorsi molte delle accuse sostenute dalla procura e confermate dal giudice per le indagini preliminari sono state messe in discussione dal tribunale del riesame, l’organo che si occupa di validare o annullare le misure di custodia cautelare, che ha revocato le misure cautelari a molti indagati. Le giudici del tribunale di riesame hanno scritto che una parte delle accuse non è convincente. Nelle motivazioni della revoca degli arresti domiciliari nei confronti dell’architetto Alessandro Scandurra, ex membro della commissione per il paesaggio, si legge per esempio che la «semplificazione argomentativa» è «svilente» e che «non risulta adeguatamente illustrata la genesi del patto corruttivo».