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  • Giovedì 11 dicembre 2025

Le tende diventate il simbolo della crisi abitativa di Bologna

Ci dormono persone che spesso hanno un lavoro, ma non riescono comunque a trovare casa: ora il comune sta cercando di toglierle dalla strada

Protesta in tenda degli universitari contro il prezzo degli affitti e la mancanza di alloggi, Bologna, 11 maggio 2023 
(Guido Calamosca/LaPresse)
Protesta in tenda degli universitari contro il prezzo degli affitti e la mancanza di alloggi, Bologna, 11 maggio 2023 (Guido Calamosca/LaPresse)
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Il comune di Bologna sta cercando una soluzione temporanea per spostare le persone senza casa che da mesi vivono in tenda sotto al portico della chiesa dell’Annunziata, nel quartiere Santo Stefano: attualmente sono una dozzina. Molte di loro hanno un lavoro precario, altre sono disoccupate, e in questi mesi sono state spesso al centro del dibattito pubblico che si è sviluppato intorno ai problemi abitativi di Bologna: per molti sono il segno più visibile del fatto che anche chi ha un lavoro di questi tempi fa fatica a trovare un affitto sostenibile in città.

Il comune ha fatto sapere che in questi giorni inizieranno i colloqui degli operatori sociali con le persone che attualmente vivono in tenda. Le ipotesi per trovare una soluzione temporanea che permetta loro di non dormire per strada sono tre, come ha spiegato l’assessora al welfare Matilde Madrid: «A chi ha un maggiore grado di autonomia saranno proposte delle stanze, al momento inutilizzate, in un immobile dell’opera di Padre Marella nella prima periferia». Altre saranno invece accolte nei dormitori previsti dal Piano allerte climatiche, quello predisposto dal comune con l’obiettivo di garantire un riparo nei periodi più freddi alle persone che si trovano in condizioni di vulnerabilità. E altre ancora andranno nei nuovi moduli abitativi di via Terracini: quindici container riscaldati, con letti e bagni.

Il comune si è mosso perché sta arrivando l’inverno, ma anche perché stanno per iniziare i lavori di rifacimento del portico dell’Annunziata, di proprietà della Soprintendenza, per cui si prevede di transennare l’area dove ora si trovano le tende.

Il portico ha cominciato a popolarsi di tende alla fine dell’estate e nel tempo le persone che ci vivono sono aumentate fino ad arrivare a circa una ventina. I giornali negli ultimi mesi hanno raccontato alcune delle loro storie: c’è ad esempio una ragazza siciliana di 23 anni con un lavoro part-time pagato 708 euro al mese in una ditta di smistamento rifiuti, che ha raccontato di essere in cerca di un posto letto a un prezzo accessibile almeno dall’inverno scorso. E c’è un uomo di 39 anni, da poco separato, che da Frosinone è arrivato a Bologna per cercare lavoro come operaio edile: ha raccontato di non essere riuscito ad affittare una casa perché i proprietari contattati chiedevano garanzie troppo alte per la sua situazione.

Dalle interviste alle persone accampate pubblicate sulla stampa locale emergono situazioni comuni e alcuni dati: a Bologna è possibile trovare un lavoro, mentre è molto più difficile trovare un affitto sostenibile per certi stipendi.

Da una parte Bologna è una delle grandi città che più hanno risentito dell’aumento dei prezzi dovuto al crescente mercato degli affitti brevi, e che ha reso meno accessibile per molti il mercato immobiliare. Il problema non è nuovo: molte case nei centri storici delle città italiane più visitate (in alcuni casi la maggior parte delle case) sono state convertite in alloggi per gli affitti brevi, e quindi tolte dal mercato degli affitti per le persone residenti. Questo generalmente fa alzare il prezzo degli alloggi che rimangono a disposizione, a meno di riuscire a compensare con le politiche abitative (finora nessuna città italiana ci è davvero riuscita).

A Bologna la questione abitativa è particolarmente grave anche per via delle caratteristiche della città: gli studenti universitari sono sempre in aumento, e oggi, dati aggiornati al marzo del 2025, sono poco meno di 97mila (compresi però i circa 20mila nelle sedi di Forlì, Cesena, Ravenna e Rimini).

Il comune sta usando diversi approcci per provare almeno a limitare i problemi: a dicembre per esempio è stato introdotto il cosiddetto “affitto civico”, un affitto a canone calmierato per le persone con ISEE (l’indicatore che certifica la condizione economica di un nucleo familiare) tra i 9.360 e i 35mila euro, con sgravi fiscali per i proprietari che decidono di affittare una casa di proprietà a condizioni agevolate. Oppure si sta cercando di recuperare alloggi comunali inutilizzati, affidandoli ad aziende che li ristrutturino per metterli a disposizione dei dipendenti.

È stato chiesto aiuto persino alla diocesi, che ha accettato di costruire nuove case da affidare alla Fondazione Abitare, messa in piedi dal comune proprio per affrontare la crisi abitativa. Per ora sono misure dalle conseguenze limitate e ci vorrà più tempo per vedere eventuali effetti di politiche più di lungo periodo, ma il fatto che il comune si stia muovendo in così tante direzioni dice molto dell’urgenza percepita sul problema.

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