Un importante anime giapponese è arrivato in Italia dopo 40 anni

Il criptico e simbolista “L'uovo dell'angelo” è al cinema in questi giorni per la prima volta

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L’uovo dell’angelo, il primo lungometraggio originale diretto dall’acclamato regista giapponese Mamoru Oshii, viene spesso annoverato tra le opere più importanti e influenti dell’animazione giapponese, accanto a titoli come Akira, Una tomba per le lucciole e Nausicaä della Valle del Vento. Uscì nel dicembre del 1985, ma fu distribuito soltanto per il mercato dell’home video (cioè in videocassetta). Finora, nonostante l’apprezzamento trasversale di appassionati, critici e addetti ai lavori, L’uovo dell’angelo non era mai uscito al cinema. Per il quarantesimo anniversario dell’uscita, Lucky Red lo ha distribuito per la prima volta nelle sale italiane in versione restaurata. Le proiezioni sono iniziate la scorsa settimana, e finiranno il 10 dicembre. Questa versione era già stata presentata in anteprima a maggio, durante l’ultima edizione del festival di Cannes.

Come la maggior parte dei lavori di Oshii, L’uovo dell’angelo non ha una narrazione lineare e immediatamente afferrabile, anzi: non ha neppure una vera trama. È un film onirico, simbolista e sperimentale, povero di dialoghi e pieno di riferimenti a vari interessi personali del regista, come lo gnosticismo, i testi sacri e l’iconografia giudaico-cristiana.

La protagonista è una bambina senza nome che custodisce un misterioso uovo. La storia si sviluppa a partire dal suo incontro con un anonimo soldato, che comincia a seguirla e sviluppa una curiosità morbosa nei confronti di quell’oggetto. Oltre all’uovo (che nel cristianesimo è un simbolo della resurrezione di Cristo) e all’arma che il soldato porta con sé (una specie di fucile a forma di croce), nel film compaiono molti altri rimandi al sacro, sia grafici che narrativi. Ci sono occhi giganti, acque sacre e alberi della vita, e vengono citati racconti biblici come l’Arca di Noè e il Diluvio universale.

Lo stesso Oshii ha detto che il film non ha un vero e proprio significato, e che cercare di individuarne uno è uno sforzo inutile. Lo ha descritto come un’esperienza visiva incentrata su un tema immateriale e intraducibile come la spiritualità, realizzata per stimolare negli spettatori il desiderio di usare l’intuito al posto della logica.

Oltre allo stile narrativo marcatamente criptico, un’altra caratteristica apprezzata dell’Uovo dell’angelo è il comparto grafico. I disegni sono stati realizzati da Yoshitaka Amano, uno dei più rispettati animatori giapponesi, che ha avuto il difficile compito di dare forma visiva alle enigmatiche sequenze sceneggiate da Oshii, creando immagini eleganti, surrealiste e suggestive.

L’idea alla base dell’Uovo dell’angelo è legata a un progetto che, in teoria, avrebbe dovuto essere un prodotto commerciale. Il film nasce infatti dal fallimento di un lungometraggio su Lupin III a cui Oshii aveva lavorato poco prima. Oshii veniva da una lunga esperienza nell’animazione più commerciale e di intrattenimento: aveva diretto diversi episodi di serie popolarissime come Yattaman, Belle e Sebastien e soprattutto Lamù, a cui aveva dedicato anche un paio di lungometraggi molto apprezzati.

La sceneggiatura che propose ruotava attorno al ritrovamento del fossile di un angelo, ma fu considerata eccessivamente cervellotica da Toho (lo studio giapponese che avrebbe dovuto produrre il film), che la rifiutò. Molte delle idee concepite per quella bozza confluirono poi nell’Uovo dell’angelo.

Nel decennio successivo, Oshii si sarebbe affermato come uno dei più importanti animatori giapponesi, accostabile per influenza, statura autoriale e notorietà internazionale a nomi come Hayao Miyazaki, Hideaki Anno e Katsuhiro Ōtomo. La sua fama aumentò moltissimo nel 1995 con Ghost in the Shell, film tratto da una popolare serie a fumetti scritta e disegnata da Masamune Shirow.

Oshii mantenne il nome dei personaggi e una parte della trama del manga, ma per il resto fece di testa sua. Eliminò i toni ironici e scanzonati della versione originale per dare alla storia un’atmosfera diversa, più cupa, nichilista e distopica, oltre a stravolgerne completamente il finale.

Ghost in the Shell è considerato una delle opere di fantascienza più importanti degli anni Novanta, e insieme alla serie Neon Genesis Evangelion è una delle poche produzioni giapponesi ad avere influenzato profondamente il cinema americano. Il caso più citato è quello delle sorelle Wachowski, che trassero ispirazione dal film di Oshii per costruire l’immaginario e la sceneggiatura di Matrix.

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