Sotto i droni e nei fast food
Una giornata qualsiasi nella città di Kramatorsk, in Ucraina, raccontata da Daniele Raineri nella nuova puntata di Outpost

In questi giorni Daniele Raineri è in Ucraina per raccontare cosa sta succedendo in Donbas, una zona al confine con la Russia tra le più contese dall’inizio della guerra. Lo farà, come sempre, con gli articoli che usciranno sul Post e poi su Outpost, la newsletter che scrive quando è in trasferta in zone di crisi. Dentro Outpost finiscono storie che non trovano posto nei pezzi ma che sono ugualmente illuminanti per capire i luoghi di cui si parla: per esempio nell’ultima puntata Daniele racconta com’è una giornata nella città di Kramatorsk, sotto gli attacchi dei droni e nei fast food.
***
Kramatorsk – giovedì 4 dicembre
Sono iscritto a un canale Telegram che mi avvisa con un minuto di anticipo dei bombardamenti russi su Kramatorsk, la città ucraina dove lavoro per il Post in questi giorni. Ho messo la traduzione automatica dall’ucraino all’inglese. Ti arriva un messaggio come “Kab in volo verso Kramatorsk”, e un minuto dopo senti l’esplosione.
Le Kab sono le bombe che planano, sono gli ordigni che fanno più paura per la potenza distruttiva. Gli aerei russi salgono in quota, le sganciano, loro planano come alianti grazie a un paio di grandi alettoni verso il bersaglio. Scivolano nel cielo notturno verso le città. I radaristi ucraini vedono questa operazione e danno l’allarme con un messaggio su Telegram. Il tipo di Kab più piccolo porta duecento chilogrammi di esplosivo, se esplode contro un palazzo di cinque piani lo demolisce. Sai che la Kab arriva in città, ma non sai in che punto.

Gli effetti dei bombardamenti russi su Kramatorsk. (Daniele Raineri, il Post)
Assieme con il fixer Dima stiamo con i telefoni in mano a guardare gli alert che arrivano. Il canale si chiama Kram Radar. Fuori fa buio. “Kab in volo verso Kramatorsk”. Attesa. Esplosione. Eco che si perde fra i palazzoni e sopra i tetti di Kramatorsk. “Kab in volo verso Kramatorsk”. Attesa. Esplosione. Eco che si perde fra i palazzoni e sopra i tetti di Kramatorsk.
Alla quarta esplosione l’elettricità va via, poi torna per mezzo secondo, come se fosse agonizzante e poi va via del tutto. La bomba deve avere colpito la centrale o qualcos’altro che porta l’energia elettrica. Un’ora prima Dima aveva detto “non abbiamo il riscaldamento, ma abbiamo l’elettricità”.
In ogni caso abbiamo delle power bank che possono mandare avanti i nostri telefoni e i laptop per un paio di giorni, la più grande pesa cinque chili.
Mentre scrivo questo Outpost Donbas il telefono dice: “La minaccia di Kab rimane”, perché i radar hanno visto un bombardiere russo salire in quota. Poi “Kab in volo verso Kramatorsk / Sloviansk”, perché il radar non sa ancora se la bomba è diretta contro Kramatorsk o contro la città vicina, Sloviansk.
La difesa aerea non può fare nulla, i lanci dei russi partono da troppo vicino.
A volte il canale dice: “Minaccia Shahed su Kramatorsk”. Gli Shahed sono i grossi droni di progettazione iraniana che esplodono contro le facciate dei palazzi.
Scrolliamo i messaggi laconici man mano che arrivano su questo canale Telegram anonimo. Potrebbero pure dire “gli dei sono arrabbiati e il fato deciderà per voi”, sarebbe uguale.

Un rifugio rinforzato, ma basta dire shelter in inglese e tutti capiscono oppure ucritta in ucraino, a un angolo di strada nel caso un bombardamento ti sorprenda all’aperto. Dentro ci sono un kit medico e una presa elettrica per caricare il telefono. (Daniele Raineri, il Post)
Venerdì il Wall Street Journal ha pubblicato il pezzo più importante dell’anno sulla guerra in Ucraina. Ve lo sintetizzo. Dice che l’amministrazione Trump manda i suoi uomini a negoziare con i russi e fin qui tutto bene. Poi però spiega che americani e russi quando sono assieme prendono accordi su come fare affari appena la guerra finisce. E fa la lista di questi affari, che trattano soprattutto di gas, petrolio e sfruttamento di miniere.
In teoria gli americani dovrebbero rappresentare le ragioni degli ucraini. Invece parlano di contratti futuri. I quasi quattro anni di invasione su larga scala in Ucraina, le centinaia di migliaia di morti (un numero esatto non lo abbiamo ancora), i bombardamenti sulle città, le storie personali che prendono direzioni impreviste e spesso orrende, in questi incontri tra americani e russi sono argomenti contaminati da conversazioni su altro.
Torna l’energia elettrica in casa. Penso alla squadra di elettricisti che è uscita nel buio ed è andata ad aggiustare quello che andava aggiustato.

Kramatorsk è una città disegnata secondo lo stile sovietico, quindi grandi viali e una piazza centrale – di proporzioni smisurate rispetto al resto – che dovrebbe comunicare solennità (o mestizia, quando una parte della popolazione se ne va). (Daniele Raineri, il Post)
Alle cinque del pomeriggio io e Dima eravamo andati a mangiare in un piccolo fast food. Eravamo soli. Ci sono ancora decine di migliaia di persone in città (ho chiesto il numero all’ufficio del sindaco, non ho ancora la risposta) e decine di locali aperti.
Zuppa al formaggio rovente, è arrivata in tre minuti con dentro un poco di pasta lunga spezzata, carote e wurstel a fette, lo so che detta così è terribile e invece promossa. Tre euro a scodella. E hamburger con patate, cinque euro l’uno. Nel fast food passava una playlist di canzoni natalizie, è arrivata “Last Christmas” dei Wham!.
“Kramatorsk – Droni”.
“Kab in volo verso Kramatorsk / Druzkivka”. Stanotte non finisce mai. Druzkivka poi sono soltanto quattro case.

Una scodella di zuppa al formaggio in un fast food, promossa. Dima mi ha spiegato che era un piatto tipico e facile di quando lui faceva lo studente. (Daniele Raineri, il Post)
Ciao, alla prossima
Daniele
Se questa puntata di Outpost ti è piaciuta e vuoi ricevere anche le prossime, puoi iscriverti qui.




