Lo sciopero nazionale dei dipendenti di Ikea
Sarà il 5 dicembre, per protestare contro il mancato rinnovo del contratto integrativo: le posizioni di sindacati e azienda sembrano piuttosto lontane

Per venerdì 5 dicembre è previsto uno sciopero dei lavoratori e delle lavoratrici di tutti i negozi Ikea d’Italia, per protestare contro il mancato rinnovo del contratto integrativo aziendale, cioè dell’accordo tra azienda e sindacati che appunto integra le condizioni di base previste dal contratto collettivo nazionale della distribuzione organizzata. Il contratto integrativo è scaduto dal 2019, e i sindacati lamentano anche un progressivo peggioramento delle condizioni di lavoro e delle relazioni con l’azienda.
In un comunicato pubblicato dopo l’annuncio dello sciopero, Ikea ha scritto che spera nella ripresa di un dialogo col sindacato, e sostiene di essersi impegnata, negli ultimi tre anni, a migliorare ulteriormente le condizioni economiche garantite dal contratto scaduto nel 2019. Ikea ha presentato ai sindacati una proposta e si è detta pronta a concludere le trattative sul rinnovo del contratto a quelle condizioni.
Ma la posizione dei sindacati – Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs – è evidentemente diversa. Secondo loro l’azienda avrebbe non solo respinto tutte le loro proposte fatte durante la trattativa, ma sarebbe anche tornata indietro su questioni economiche già condivise e su cui c’era un accordo, come il pagamento maggiorato del lavoro domenicale e il trattamento dei giorni di malattia. I sindacati dicono che l’azienda non sarebbe disposta a scendere a compromessi, giustificandosi con un contesto economico non favorevole e con il mancato raggiungimento degli obiettivi.
Un punto di scontro è legato proprio agli obiettivi di budget non raggiunti, e che fanno sì che per quest’anno molti dipendenti non riceveranno bonus o che li riceveranno con un importo minimo. Mentre secondo Ikea questa è una scelta in linea con la prassi aziendale e con la definizione stessa di bonus di risultato, secondo i sindacati è incoerente col fatto che chi ha una posizione dirigenziale riceverà comunque alcuni incentivi.
I sindacati sostengono anche che l’azienda non valorizzerebbe abbastanza le differenti professionalità dei punti vendita, che anche se specializzate vengono inquadrate contrattualmente come addetti generici, con conseguente penalizzazione in termini di stipendio: un caso emblematico è quello di chi fa i servizi di progettazione, che ha lo stesso livello di qualsiasi altro dipendente. I sindacati dicono che questo è un modo per «schiacciare in basso la classificazione delle lavoratrici e dei lavoratori: per Ikea tutti devono fare tutto, a prescindere dall’inquadramento e dalla specifica professionalità».
Negli ultimi anni, secondo i sindacati, Ikea ha preso decisioni unilaterali sulle condizioni di lavoro, senza consultare i dipendenti e le rappresentanze interne: decisioni su turni, riorganizzazione dei reparti e delle mansioni sarebbero state comunicate solo a posteriori, ignorando che lo stesso contratto integrativo prevede una condivisione con i rappresentanti per queste materie. Un episodio in questo senso riguarda la revoca del diritto alla mensa per i part-time, che mette in discussione una concessione in vigore da anni e che sarebbe stata comunicata senza una discussione coi lavoratori o coi sindacati.



