Una strana storia di suore, occupazioni abusive e social media
È ambientata in un paesino non lontano da Salisburgo ed è seguita ormai da mesi dai giornali austriaci e internazionali

Dall’inizio di settembre a Elsbethen, un comune di circa 5mila abitanti vicino a Salisburgo, in Austria, tre suore ottantenni hanno occupato l’edificio che ospitava il convento dove avevano vissuto per decenni, il Kloster Goldenstein, contro il volere della Chiesa, che le aveva messe in una casa di riposo. L’hanno fatto grazie al sostegno di alcuni abitanti della zona ed ex studenti della scuola adiacente al convento, e delle moltissime persone che sui social media hanno iniziato a seguire il loro profilo Instagram.
Oggi infatti il profilo Instagram delle suore supera i 100mila follower e il loro caso è stato raccontato da diversi giornali internazionali, che questa settimana hanno dato conto anche dell’ultimo sviluppo della vicenda. Il sacerdote Markus Grasl, loro diretto superiore nelle gerarchie della Chiesa, ha deciso di permettere loro di rimanere nel convento, a patto di accettare alcuni paletti. Le suore hanno risposto che ci devono pensare.
Suor Bernadette (88 anni), suor Regina (86 anni) e suor Rita (82 anni) sono arrivate al Kloster Goldenstein, che si trova in un castello con lo stesso nome, rispettivamente nel 1948, nel 1958 e nel 1962. Suor Bernadette è arrivata come studente della scuola privata femminile aperta, come il convento, nel 1877. Le suore furono insegnanti nella scuola per molti anni, e suor Regina ne era stata anche la preside.

Le suore mangiano dentro al convento dopo averlo occupato, a settembre del 2025 (ANSA/EPA/ANNA SZILAGYI)
Negli ultimi tempi però il numero delle suore nel convento era diminuito, finché le tre suore agostiniane erano rimaste le uniche rappresentanti del loro ordine in Austria, quello delle Canonichesse regolari ospedaliere della misericordia di Gesù. Nel 2022 l’edificio era stato rilevato dall’arcidiocesi di Salisburgo e dall’abbazia di Reicherberg, un monastero agostiniano. Le suore rimaste avevano comunque ricevuto il permesso di rimanere a vivere nella struttura, ma a dicembre del 2023 erano state trasferite in una casa di riposo poco distante. Nel 2024 il prevosto dell’abbazia, Markus Grasl, aveva deciso di chiudere ufficialmente il convento (la scuola privata, che oggi ammette anche i ragazzi, è rimasta aperta).
Le tre suore non stavano bene nella casa di riposo e dicevano di essere state portate lì contro la loro volontà. Per questo a settembre del 2025, aiutate da alcuni ex alunni e da un fabbro, erano scappate dalla struttura e avevano occupato abusivamente il convento. Intervistata da BBC, suor Bernadette aveva detto che «prima di morire in quella casa di riposo, preferisco andare in un prato ed entrare nell’eternità in quel modo».
Grasl le aveva esortate a tornare alla casa di riposo e aveva definito come «del tutto incomprensibile» la loro decisione di occupare il convento. Le aveva anche ripetutamente accusate di aver infranto i loro voti di obbedienza, accusa che le suore respingevano. Nel frattempo, le suore hanno potuto continuare a rimanere nel convento grazie all’aiuto della comunità locale e a un crescente numero di sostenitori, che hanno fornito loro cure mediche, cibo ed elettricità.
Tutto questo è avvenuto anche grazie alla loro crescente popolarità sui social, in cui pubblicano momenti, anche piuttosto leggeri, della loro vita quotidiana. Da qualche tempo le didascalie dei loro post sono scritte anche in inglese, oltre che in tedesco.
Le suore che festeggiano il raggiungimento dei 60mila follower
Dopo quasi tre mesi di occupazione la vicenda è ancora in corso. Mercoledì scorso, dopo un incontro a cui hanno partecipato due portavoce delle suore e il sindaco di Elsbethen Matthias Herbst, Markus Grasl ha acconsentito a lasciarle vivere nell’edificio «fino a nuovo avviso». Ha però posto come condizione che smettano di pubblicare sui propri account social e che acconsentano a tornare nella casa di riposo quando la loro salute sarà compromessa.
Venerdì le suore hanno pubblicato un comunicato in cui hanno definito la proposta del prevosto un «contratto capestro», ossia un contratto con condizioni estremamente svantaggiose. Hanno detto che accettare di restare a quelle condizioni avrebbe negato loro in futuro la possibilità di ricorrere a degli avvocati, che la richiesta di chiudere le loro pagine social non aveva «alcuna base giuridica» e le avrebbe private «dell’unica protezione rimasta loro». Hanno tuttavia ribadito di essere disposte a raggiungere un accordo, quindi a proseguire la trattativa.



