Non servono le spiagge per vincere a beach volley
E nemmeno il caldo: ai Mondiali appena conclusi hanno vinto Svezia e Lettonia

Ai Mondiali di beach volley che si sono conclusi lo scorso weekend in Australia una coppia di giocatrici lettoni, Tina Graudina e Anastasija Samoilova, ha vinto il torneo femminile e una coppia di giocatori svedesi, David Ahman e Jonatan Hellvig, ha vinto quello maschile (battendo in finale altri due svedesi). Lettonia e Svezia non sono due paesi noti per le loro spiagge calde e assolate, eppure da ormai molti anni questa non è una condizione necessaria per vincere a beach volley.
Nelle prime quattro coppie del ranking mondiale maschile ce ne sono una norvegese, due svedesi e una dei Paesi Bassi: i brasiliani Evandro Oliveira e Arthur Lanci, quinti, sono i primi originari di un paese per tradizione associato al beach volley. Nel femminile brasiliane e statunitensi sono ancora le migliori, ma la vittoria di Graudina e Samoilova dimostra che anche lì le cose stanno cambiando.
Il beach volley è la variante della pallavolo che si gioca sulla sabbia e in 2 contro 2. Secondo la versione ufficiale, fu inventato sulla spiaggia di Waikiki, alle isole Hawaii, nel 1915. Negli anni Venti si cominciò a praticarlo in California e per diverso tempo gli Stati Uniti furono l’unico posto in cui si giocò. Diventò poi popolare in Brasile, soprattutto negli anni Ottanta sulle spiagge di Ipanema e Copacabana, a Rio de Janeiro.
Dal 1996 è sport olimpico. All’inizio vincevano sempre Stati Uniti e Brasile (o Australia, nel femminile), poi arrivarono le prime medaglie d’oro europee, tedesche nello specifico: nel 2012 tra gli uomini, nel 2016 tra le donne. Le ultime due edizioni del torneo maschile sono state vinte da una coppia norvegese (Anders Mol e Christian Sørum, ancora oggi primi nel ranking) e da una svedese, Ahman ed Hellvig, che in due anni si sono portati a casa oro olimpico e mondiale.

La coppia svedese e quella lettone, vincitrici dei Mondiali in Australia (AP Photo/James Elsby)
Intervistati lo scorso anno dall’agenzia di stampa AP, il norvegese Mol e lo svedese Ahman hanno detto che il successo del beach volley in paesi freddi e senza spiagge in cui giocare si deve in parte alla natura stessa dello sport. Secondo Mol per ottenere risultati nel beach volley basta avere due grandi atleti e lavorare molto su di loro, mentre essere vincenti per esempio nella pallavolo indoor è molto più complicato. Nel beach volley si gioca in 2 e ci si allena in genere in 4, mentre nella pallavolo si gioca in 6 (7 con il libero) e ci si allena quindi in 12 (14 con due liberi).
Non serve, inoltre, una spiaggia vera per giocare a beach volley: «Abbiamo ottimi impianti di beach volley indoor, in cui ci possiamo allenare anche se fuori nevica», diceva Ahman. Anche in Italia del resto buona parte degli allenamenti di beach volley si fa indoor, nella stagione fredda. Fanno così per esempio Valentina Gottardi e Reka Orsi Toth, che ai recenti Mondiali sono arrivate fino ai quarti di finale, eguagliando il miglior risultato di sempre per una coppia italiana.
Come sempre all’origine di successi sportivi nei paesi scandinavi o del Nord Europa ci sono investimenti negli impianti, nello sport di base e nelle scuole, con l’obiettivo di formare allenatori e allenatrici e offrire migliori possibilità di accesso (anche economiche) al maggior numero possibile di atleti e atlete.
Anche a livello federale, comunque, sono stati fatti investimenti per sostenere lo sviluppo del beach volley. Dal 2017 il programma Volleyball Empowerment, creato dalla Federazione Internazionale, ha investito circa 50 milioni di euro in quasi 1.500 progetti di pallavolo e beach volley in quasi tutti i paesi del mondo, contribuendo a diffondere la pratica di entrambi. Secondo quanto scrive la Federazione, ai Mondiali australiani 63 delle 96 coppie partecipanti (31 sulle 48 femminili e 32 sulle 48 maschili) sono state in qualche modo sostenute dal programma Volleyball Empowerment.
Al Beach Pro Tour, il principale circuito di tornei, partecipano coppie provenienti da quasi 100 paesi diversi, ormai. Un forte segnale di come e quanto il beach volley sia riuscito ad affermarsi come sport non solo estivo e non solo da spiaggia; bensì come uno sport a tutti gli effetti: olimpico, competitivo, spettacolare e davvero internazionale.
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