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  • Lunedì 24 novembre 2025

Cos’è la responsabilità genitoriale e quando può essere tolta

Se ne sta parlando per il caso della “famiglia del bosco” che vive in provincia di Chieti, in Abruzzo

(AP Photo/Antonio Calanni)
(AP Photo/Antonio Calanni)
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In questi giorni si sta parlando molto della vicenda di una coppia che vive a Palmoli, in provincia di Chieti, in Abruzzo, a cui il tribunale per i minorenni dell’Aquila ha sospeso la responsabilità genitoriale sui tre figli, due gemelli di sei anni e una bambina di otto (i protagonisti di questa vicenda sono diventati noti sui media e nelle discussioni come “famiglia nel bosco” o “bambini nel bosco”). Secondo la legge italiana il decadimento o la sospensione della responsabilità genitoriale possono essere decise per negligenza dei genitori rispetto a una serie di doveri loro attribuiti e regolati da alcuni articoli del codice civile, che si sono evoluti nel tempo passando attraverso le diverse riforme del diritto di famiglia.

La responsabilità genitoriale non si è sempre chiamata così. Prima della riforma del 1975 si parlava di “patria potestà” e stabiliva il potere assoluto del pater familias, cioè dell’uomo, sugli altri membri della famiglia. La riforma del 1975 introdusse il principio della parità tra i genitori assegnando a entrambi il diritto di esercitare questo insieme di poteri-doveri verso i figli, e sostituì l’espressione “patria potestà” con l’espressione “potestà genitoriale”. Ma è con un’altra riforma, quella del 2013, che si è arrivati a parlare di “responsabilità genitoriale” per privilegiare il concetto di responsabilità rispetto a quello di potere, e mettendo dunque al centro la salvaguardia degli interessi del minore, considerati superiori e determinanti in ogni decisione.

Dal punto di vista delle norme la responsabilità genitoriale si articola principalmente intorno a due articoli del codice civile: l’articolo 315-bis e l’articolo 316.

L’articolo 315-bis dice che «il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni». Lo stesso articolo prevede che il figlio abbia «diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti», come nonni e zii. L’articolo 316 del codice civile, poi, dice che «entrambi i genitori hanno la responsabilità genitoriale che è esercitata di comune accordo tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio».

Il contenuto della responsabilità genitoriale ha dunque a che fare sia con aspetti di natura personale che patrimoniale e di vigilanza. Comprende il dovere di cura, educazione, istruzione, assistenza morale del figlio per il suo sviluppo psicologico. Comprende la rappresentanza legale del minore in tutti gli atti giuridici di ordinaria e straordinaria amministrazione. E comprende una serie di doveri patrimoniali che riguardano l’amministrazione dei beni del figlio.

Gli articoli 330 e 333 del codice civile stabiliscono specifici strumenti di tutela del minore nei casi in cui l’esercizio della responsabilità genitoriale risulti inadeguato o dannoso. L’articolo 330 del codice civile stabilisce che «il giudice può pronunciare la decadenza dalla responsabilità genitoriale quando il genitore viola o trascura i doveri ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio».

In questo caso, per gravi motivi e come ultima ed estrema soluzione, il giudice può ordinare l’allontanamento del figlio dalla casa di famiglia oppure l’allontanamento dalla casa del genitore o del convivente che maltratta o abusa del minore. La decadenza è la sanzione più grave prevista dall’ordinamento, comporta la perdita di tutti i diritti e doveri derivanti dalla responsabilità genitoriale e per farvi ricorso occorre non solo una violazione dei doveri ma anche che da tale violazione derivi un danno sul minore. L’articolo 332 dice comunque che il giudice, quando cessano le ragioni per le quali la decadenza è stata stabilita, possa ripristinare la responsabilità genitoriale decaduta.

L’articolo 333 del codice civile regola invece i cosiddetti “provvedimenti convenienti” per i casi in cui la condotta del genitore non sia tale da giustificare la decadenza ma risulti comunque dannosa per il figlio. In questi casi il giudice può adottare una serie di misure, incluso l’allontanamento del figlio dalla residenza familiare o del genitore che maltratta o abusa del minore. Tali provvedimenti sono revocabili in qualsiasi momento e la giurisprudenza ha chiarito che per farvi ricorso non è necessario che la condotta del genitore abbia già causato un danno al figlio, ma è sufficiente che possa causare un danno eventuale al minore. È insomma una limitazione della responsabilità genitoriale, che non prevede che questa decada.

La competenza sui procedimenti relativi alla responsabilità genitoriale spetta o al tribunale ordinario o al tribunale per i minorenni: il primo è competente per tutti i provvedimenti riguardanti i figli nei procedimenti di separazione, divorzio o annullamento del matrimonio, il secondo mantiene invece la competenza generale sui provvedimenti di decadenza e limitazione.

Il caso di Palmoli è iniziato nel settembre del 2024 quando la famiglia coinvolta, vittima di una grave intossicazione alimentare da funghi, si rivolse a un ospedale. A seguito di quell’episodio si attivarono i carabinieri: come ha spiegato Pagella Politica quando un bambino arriva in ospedale per una possibile ingestione di sostanze tossiche il personale sanitario deve verificare se la situazione possa essere ricondotta a un reato, da segnalare alla procura ordinaria. E se durante la visita emergono indizi di abbandono, incuria o altre condizioni di rischio, i medici hanno l’obbligo di segnalare la situazione alla procura per i minorenni. Tale segnalazione, come precisa l’ordinanza del tribunale per i minorenni dell’Aquila sulla famiglia di Palmoli, è un obbligo giuridico.

Ricevuta dunque la segnalazione – siamo sempre nel 2024 – il tribunale attivò i servizi sociali con l’obiettivo di monitorare la situazione dei tre minori coinvolti, in particolare le condizioni della casa dove vivevano e i controlli medici da eseguire dopo l’intossicazione. Questo percorso di sostegno, però, nei mesi seguenti si interruppe perché l’attività di osservazione dei servizi sociali fu ostacolata e impedita dai genitori dei tre bambini. A fronte di questa situazione, e dopo varie udienze, con l’ordinanza del 13 novembre il tribunale per i minorenni dell’Aquila ha deciso di collocare temporaneamente i tre bambini in una casa famiglia: ora si trovano lì, con la madre. Per i minori è stata nominata una tutrice, che deve averne cura al pari dei genitori ed è soggetta al controllo da parte del giudice.

L’ordinanza si basa su vari elementi: il primo ha a che fare con l’inadeguatezza della casa di famiglia definita «disagevole e insalubre», che costituirebbe dunque un reale «pericolo per l’incolumità e l’integrità fisica dei minori». Inoltre i genitori si sono rifiutati di partecipare agli incontri di «supporto alla genitorialità» concordati con gli assistenti sociali. E infine c’è la questione sanitaria: i genitori hanno chiesto di ricevere 50mila euro per ciascun figlio allo scopo di sottoporli agli accertamenti sanitari richiesti dalla pediatra, che quindi non sono stati svolti.

L’ordinanza fa anche riferimento alla questione educativa e psicologica dei bambini, chiarendo però che non è tanto in discussione il diritto dei minori all’istruzione ma il loro diritto alla vita di relazione previsto all’articolo 2 della Costituzione. Per i giudici i bambini rischierebbero una «deprivazione» di confronto tra pari che, secondo la letteratura scientifica, ha conseguenze significative sullo sviluppo di competenze sociali, emotive e cognitive, specialmente nell’età tra 6 e 11 anni.

L’ultimo aspetto analizzato dai giudici riguarda l’esposizione mediatica dei bambini. L’ordinanza parla anche di «nuove condotte genitoriali inadeguate» e cita la partecipazione dei figli alla trasmissione televisiva Le Iene. Questo episodio è stato segnalato dai giudici come una violazione della privacy dei bambini, sulla base di norme nazionali e internazionali che vietano di divulgare dati idonei a identificare i minori nei procedimenti giudiziari. I genitori, con il loro comportamento, avrebbero insomma mostrato di strumentalizzare i propri figli allo scopo di ottenere un risultato processuale a loro favorevole.

In considerazione di tutto questo e «delle gravi e pregiudizievoli violazioni dei diritti dei figli all’integrità fisica e psichica, all’assistenza materiale e morale, alla vita di relazione e alla riservatezza» per i due genitori è stata sospesa la responsabilità genitoriale.

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