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  • Lunedì 24 novembre 2025

Le regole sul check-in a distanza per gli affitti brevi sono cambiate ancora

E se ormai non ci capite più niente non è colpa vostra: ora è di nuovo vietato, quasi

(ANSA/ANGELO CARCONI)
(ANSA/ANGELO CARCONI)
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Il Consiglio di Stato ha stabilito che è nuovamente vietato fare il check-in a distanza nelle strutture ricettive, come per esempio camere e appartamenti affittati per periodi brevi: i gestori delle strutture devono sempre identificare gli ospiti, di persona o attraverso dispositivi elettronici che permettano di verificarne l’identità, come videochiamate o videocitofoni (quindi in realtà si può fare “a distanza”, ma con qualche accortezza in più di prima).

Il provvedimento riguarda tutti i tipi di strutture ricettive, ma quelle messe a disposizione per gli affitti brevi saranno verosimilmente le più coinvolte, perché sono quelle in cui capita più spesso che il check-in degli ospiti venga fatto a distanza, con l’invio dei documenti d’identità per messaggio. L’accesso fisico agli alloggi finora è stato generalmente garantito con codici automatizzati o lasciando le chiavi in spazi appositi: spesso nelle cassettine chiamate keybox, diventate un po’ uno dei simboli del turismo di massa e per questo oggetto di contestazioni (Firenze le ha vietate dal 2025).

La decisione del Consiglio di Stato non vieta le keybox, ma di fatto le rende superflue: la sentenza dice che i gestori delle strutture devono sempre verificare che la persona che sta entrando nell’appartamento sia la stessa di cui hanno ricevuto i documenti nel momento della prenotazione.

È l’ennesimo cambiamento in poco tempo su questa questione: a dicembre dell’anno scorso il ministero dell’Interno aveva sostanzialmente vietato i check-in a distanza; poi a maggio di quest’anno il TAR del Lazio (il Tribunale amministrativo regionale) aveva annullato quella decisione accogliendo un ricorso degli operatori del settore alberghiero, e quindi il check-in a distanza era tornato possibile. Ora il Consiglio di Stato, che è il tribunale del secondo e ultimo grado di giudizio per la giustizia amministrativa, ha accolto il ricorso del ministero dell’Interno contro la sentenza del TAR del Lazio di maggio.

La situazione è quindi tornata quella di dicembre dell’anno scorso, quando il ministero aveva vietato i check-in a distanza, ma con alcune differenze che derivano da alcune precisazioni del Consiglio di Stato e ancora in parte da chiarire meglio.

La novità principale sta nel fatto che il Consiglio di Stato ha esplicitato la possibilità (non chiarita nella circolare del ministero) di verificare l’identità degli ospiti delle strutture anche attraverso mezzi tecnologici (cioè, in altre parole, il gestore della struttura non deve per forza essere fisicamente lì): i giudici hanno detto che la verifica non deve essere necessariamente «analogica», ma può essere effettuata «attraverso appositi dispositivi di collegamento» disposti all’ingresso delle strutture e idonei a verificare «l’effettiva corrispondenza tra ospite e titolare del documento di identità».

Non è chiaro quali siano di preciso questi «dispositivi»: in un comunicato in cui ha commentato la sentenza del Consiglio di Stato, la piattaforma di affitti brevi Airbnb ha parlato di «dispositivi di videoconferenza in tempo reale come telefonate o videocitofoni». Marco Celani, presidente dell’Aigab (Associazione italiana gestori affitti brevi), ha detto al Sole 24 Ore che la sua categoria si aspetta che il ministero chiarisca quali tecnologie sono ammesse e quali no per verificare l’identità degli ospiti.

La circolare del ministero aveva giustificato il divieto di fare i check-in a distanza con ragioni di sicurezza: secondo il ministero in assenza di una verifica diretta sull’identità degli ospiti da parte del gestore, in un appartamento potrebbe entrare una persona diversa – o addirittura più persone – da quella identificata dai documenti inviati per messaggio. Pertanto, secondo la circolare, la questura non può sapere chi effettivamente c’è nell’appartamento e questo è un rischio potenziale per la sicurezza collettiva.

Quella circolare era stata emessa poco prima dell’inizio del Giubileo, l’anno santo della Chiesa cattolica iniziato lo scorso 24 dicembre, in cui erano in programma numerosi eventi internazionali. In sostanza la circolare contestava il fatto che le varie procedure di identificazione degli ospiti da remoto non soddisfacessero requisiti già previsti dalla legge, che chiedeva venissero applicati in modo rigoroso.

Con le nuove regole chi prende in affitto un appartamento o una stanza può inviare i propri documenti nel momento della prenotazione, e una volta raggiunta la struttura incontrare fisicamente il proprietario o la persona che la gestisce o collegarsi in qualche modo per farsi vedere: a quel punto chi affitta la struttura ha 24 ore di tempo per comunicare i dettagli alle forze dell’ordine.