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  • Venerdì 21 novembre 2025

Simone Fontecchio ha trovato il suo posto in NBA

I Miami Heat, dove sta giocando bene ed è molto apprezzato

Simone Fontecchio esulta dopo uno dei suoi (tanti) canestri da 3 punti (AP Photo/Lynne Sladky)
Simone Fontecchio esulta dopo uno dei suoi (tanti) canestri da 3 punti (AP Photo/Lynne Sladky)
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In questo inizio di stagione Simone Fontecchio sta giocando bene forse come mai prima d’ora in NBA, il campionato di basket degli Stati Uniti. Fontecchio ha 29 anni, è l’unico italiano in NBA e in estate è passato dai Detroit Pistons ai Miami Heat. Nelle prime 15 partite con Miami ha giocato circa 19 minuti in media (una partita dura 48 minuti, e lui non è titolare) segnando in media 11,4 punti, con un eccellente 47,6 per cento di tiri da 3 punti fatti, e totalizzando anche 2,7 rimbalzi e 1,2 assist.

Sono buone statistiche, che raccontano però solo in parte quanto Fontecchio sia una risorsa importante per Miami e come riesca quasi in ogni partita, entrando dalla panchina, ad avere un impatto considerevole sia in attacco sia in difesa. Due anni fa, quando era passato dagli Utah Jazz ai Detroit Pistons a stagione in corso, aveva avuto medie ancor superiori, ma non gli era mai successo prima d’ora di essere considerato un giocatore importante di una squadra competitiva (Miami finora ha vinto 9 partite e ne ha perse 6, e punta a un posto nei playoff nella Eastern Conference).

In questo mese Fontecchio è diventato anche oggetto di un piccolo culto tra appassionati e tifosi dei Miami Heat. C’entra non solo quanto mostrato sul campo, ma anche il fascino un po’ stereotipato degli italiani negli Stati Uniti e le voci dei commentatori che ai suoi canestri dicono cose come Bellissimo, con una pronuncia molto americana. Di recente, dopo una suo canestro da 3, il telecronista (che probabilmente non conosce il dialetto pugliese) lo ha chiamato Three-mone, facendo un gioco di parole tra Simone e Three (3).

Bellissimo!

Non era scontato che Fontecchio andasse bene, agli Heat. La scorsa stagione con Detroit era stata abbastanza negativa per lui, e in estate aveva giocato un Europeo un po’ sotto le attese con l’Italia (anche perché le aspettative della Nazionale su di lui sono piuttosto alte, visto che è il giocatore italiano oggi più forte e affermato). Si diceva che sarebbe potuto tornare in Europa, poi è arrivato lo scambio che lo ha portato a Miami. Ciò che sembra essere cambiato, lo ha detto lui stesso in diverse occasioni, è la fiducia che c’è nei suoi confronti. Ha molto a che fare con l’allenatore dei Miami Heat, Erik Spoelstra.

Quando Fontecchio è arrivato a Miami, Spoelstra ha detto che due anni prima, preparando la partita dei Mondiali di basket tra Stati Uniti e Italia (all’epoca era vice allenatore della nazionale statunitense, che oggi allena lui stesso), era andato a studiarsi molte partite giocate da Fontecchio. Da quel momento aveva continuato a tenerlo d’occhio, considerandolo un giocatore che poteva essere utile agli Heat, e quando ha avuto l’occasione di prenderlo da Detroit l’ha colta. Spoelstra allena Miami dal 2008 (ha vinto l’NBA nel 2012 e nel 2013) ed è un allenatore molto apprezzato perché le sue squadre giocano quasi sempre in modo organizzato, e i giocatori riescono spesso a esprimersi al meglio con lui.

Dopo la partita del 26 ottobre vinta da Miami contro i New York Knicks anche grazie ai 14 punti segnati da Fontecchio, Spoelstra ha elogiato il giocatore italiano davanti a tutta la squadra, e gli ha consentito di guidare l’urlo finale della squadra, una cosa in genere riservata ai giocatori più esperti e influenti. Come ha scritto Marco D’Ottavi su Ultimo Uomo, comunque, «non è una fiducia che arriva da Spoelstra solo a parole: fin dalla prima partita contro gli Orlando Magic si sono visti giochi disegnati per far tirare Fontecchio o farlo ricevere in movimento».

Lo scorso anno Detroit lo impiegava quasi solo come “tiratore puro”, cioè giocatore che aspetta in un angolo che gli arrivi la palla per tirare da 3 punti. Fontecchio però è un giocatore più multidimensionale di così, come ha detto lo stesso Spoelstra: «Sa tirare, ma non è solo quello. Sa mettere palla a terra, passare sui blocchi, aprire il campo per i nostri giocatori principali. E soprattutto lotta, è uno tosto».

In un’intervista data un mese fa al sito specializzato HoopsHype, Fontecchio raccontava che a Detroit non gli veniva data molta responsabilità, soprattutto dal punto di vista difensivo, e che invece lui non vuole essere visto «come un giocatore europeo qualsiasi che non difende e tira e basta».

Da anni Miami è una squadra nota per la sua difesa e per l’alto livello di impegno e agonismo che esige dai suoi giocatori; sono aspetti spesso riassunti nell’espressione Heat Culture. Fontecchio ha raccontato di essere cresciuto con il mito dei Miami Heat che vinsero il titolo nel 2006 con Dwyane Wade e Shaquille O’Neal, e di trovarsi molto bene in quel contesto. Già una ventina di giorni fa intanto, su un sito dedicato ai Detroit Pistons, si leggeva che Fontecchio stava facendo pentire Detroit di averlo scambiato, mandandolo a Miami. «Sembra già una decisione terribile. Dopo la scorsa stagione negativa, Fontecchio è tornato in grande stile e sta giocando probabilmente la miglior pallacanestro della sua carriera in NBA».