Neil Young fu grunge prima del grunge

Il suono e la scrittura di alcuni dei suoi dischi ebbero un'influenza enorme su Nirvana, Pearl Jam e molte altre band che lo omaggiarono

Neil Young nel 1976 (Michael Putland/Getty Images)
Neil Young nel 1976 (Michael Putland/Getty Images)
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Nel 1991 il giornalista musicale Steve Martin intervistò il cantautore canadese Neil Young, che oggi compie 80 anni, negli spazi del Broken Arrow Ranch, la gigantesca tenuta della California meridionale in cui viveva e in cui aveva costruito i suoi studi di registrazione. L’intervista è ricordata ancora oggi perché, in quell’occasione, Martin coniò una definizione che Young si sarebbe portato appresso per molto tempo: quella di “Godfather of Grunge”, cioè “padrino del grunge”, il sottogenere del rock che dominò quel decennio, caratterizzato da una musicalità grezza e violenta, atmosfere malinconiche e testi basati su una disperazione ostentata.

Young era una leggenda della musica folk e rock nordamericana, e aveva pubblicato alcuni dei dischi di maggior successo degli anni Settanta, come After the Gold RushHarvestOn the Beach. Aveva fatto parte prima dei Buffalo Springfield e poi del gruppo di cantautori Crosby, Stills, Nash & Young, e come solista si era spesso fatto accompagnare dalla band dei Crazy Horse. Fu con loro che nel 1990 aveva registrato Ragged Glory, un disco che aveva stupito critici e addetti ai lavori per via del suo suono sporco, aggressivo e dominato dalle chitarre elettriche, con una grande abbondanza di feedback e distorsioni.

Per molti versi quel disco ricordava quello di alcune band che avevano cominciato a farsi notare nell’area di Seattle, come i Soundgarden e i Mudhoney. Anche i testi si distaccavano in parte dal canone che Young aveva consolidato fino a quel momento. Pur rimanendo intimisti e poetici, avevano un tono più diretto, inquieto e arrabbiato: “Fuckin’ Up”, la canzone più famosa di Ragged Glory, è forse l’esempio più celebre in questo senso.

Durante il tour promozionale di Ragged Glory, molti concerti di Young erano stati aperti dai Sonic Youth, una band di rock alternativo newyorkese che aveva avuto un’influenza enorme su quella giovane scena musicale, ispirando numerosi gruppi di Seattle che ne ripresero i riff, le accordature non convenzionali e il gusto per i suoni cacofonici.

Il fatto che Young avesse pubblicato un disco di quel tipo, e che avesse scelto di farsi affiancare proprio dai Sonic Youth, contribuì a consolidare la sua fama di “padrino del grunge”. E l’uscita di Ragged Glory coincise con l’affermazione definitiva di questa musica, che come quella di Young aveva le sue radici nella tradizione del rock della West Coast americana.

Da quel momento in poi infatti si verificarono passaggi fondamentali per la storia del genere: nel 1991 uscirono Ten dei Pearl Jam e Nevermind dei Nirvana, i due dischi più famosi delle due band più rappresentative di quella scena. Nello stesso periodo arrivarono anche Badmotorfinger dei Soundgarden e Facelift degli Alice in Chains (quello di “Man in the Box”), che contribuirono a definire ulteriormente il cosiddetto “Seattle sound”, e l’etichetta indipendente Sub Pop riuscì a portare il grunge fuori dai confini dello stato di Washington.

I Pearl Jam e i Nirvana omaggiarono Young in modi diversi. L’influenza del cantautore canadese è particolarmente evidente nel caso dei primi, anche perché il cantante Eddie Vedder ha sempre riconosciuto in lui una delle principali ispirazioni per il proprio modo di scrivere. Con i Pearl Jam Young suonò più volte dal vivo e realizzò anche un intero disco in collaborazione, Mirror Ball (1995). “Rockin’ in the Free World”, probabilmente la canzone più nota di Young, è parte del repertorio dal vivo dei Pearl Jam da più di trent’anni.

I Nirvana invece non eseguirono mai sue canzoni dal vivo, ma Kurt Cobain ne era un grande ammiratore: nella lettera che scrisse prima di suicidarsi citò il verso «It’s better to burn out than to fade away», tratto da “Hey Hey, My My (Into the Black)”, una delle canzoni più note di Young.

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Proprio l’album del 1979 in cui è contenuta, Rust Never Sleeps, è diventato negli anni un feticcio per molti gruppi della scena grunge, e oggi è riconosciuto come una sorta di prototipo del genere, pur essendo uscito più di un decennio prima di Ragged Glory.

Questa fama è dovuta soprattutto alle canzoni presenti nel “lato B” del disco, come “Powderfinger”, “Sedan Delivery” e la stessa “Hey Hey, My My (Into the Black)”, contraddistinte da un suono più ruvido e cupo, da accordi suonati con una distorsione densa e potente e da riff di chitarra molto incisivi.

Anche Young, dal canto suo, seguì con grande curiosità e interesse quella nuova generazione di musicisti. Nonostante la differenza d’età e di percorso, si riconosceva nell’autenticità e nell’energia del grunge, che sentiva vicine al proprio modo di intendere la musica. Nel 1994, dopo la morte di Cobain, Young gli dedicò la canzone “Sleeps with Angels”, tratta dall’omonimo album.

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