Il disco massimalista e intensissimo di Rosalía
Tre anni dopo “Motomami”, il reggaeton e le hit hanno lasciato il posto all'orchestra e al pathos in “Lux”

Venerdì è uscito Lux, il quarto album in studio di Rosalía, cantante catalana che negli ultimi anni si è affermata come popstar non anglosassone di maggior successo al mondo grazie alle canzoni di Motomami (2022), con cui aveva reinterpretato la musica tradizionale spagnola attraverso le chiavi dell’hip hop e del reggaeton contemporanei. Quella di Lux però è un’operazione molto diversa: è un disco massimalista e barocco, senza hit e con evidenti ambizioni di ricercatezza, che ha i suoi riferimenti nella musica classica, nella lirica e nella tradizione operistica europea.
È suddiviso in quattro “movimenti”, ed è stato realizzato insieme alla London Symphony Orchestra, sotto la direzione dell’islandese Daníel Bjarnason. Gli archi e il pianoforte sono gli strumenti protagonisti, quelli elettronici ci sono ma sono secondari (e spesso sono imitati dagli strumenti acustici, prevalentemente gli archi). La voce di Rosalía è alternata da frequenti interventi del coro, e in generale molto del disco si regge sui cambi di dinamica, tra i momenti più intimisti e quelli all’unisono e di grande potenza sonora.
In generale le canzoni di Lux sono caricate di grandissimo pathos, molto sentimentali e intense, con poco spazio per la leggerezza e il divertimento che avevano caratterizzato Motomami (che pure conteneva diverse canzoni più lente e passionali). È un album meno orecchiabile, privo di ritornelli e di dembow, un ritmo estesamente utilizzato in generi come il reggaeton e la dancehall, e che reggeva Motomami. Rosalía ha detto nelle interviste di aver voluto insistere sulla «umanità» del disco, che ha cercato negli strumenti acustici e nelle persone dell’orchestra, contrapposta alla diffusione di tecnologie come le intelligenze artificiali nella musica contemporanea.
Lux è anche un album molto vario dal punto di vista linguistico: ci sono strofe in arabo, ucraino, latino, mandarino, giapponese, spagnolo, dialetto siciliano e tedesco e un’intera canzone, “Mio Cristo Piange Diamanti”, in italiano. Lei stessa ha raccontato anche di aver trascorso molto tempo su Google Translate per lavorare ai testi in lingue che non conosceva, cercando di cogliere la musicalità delle parole più che la correttezza grammaticale.
L’uscita era stata anticipata dieci giorni fa dal singolo “Berghain”, scritto insieme al produttore statunitense Yves Tumor e all’islandese Björk, una delle cantanti di pop sperimentale più apprezzate e influenti al mondo, a cui Rosalía non ha mai nascosto di ispirarsi. Tra gli altri che hanno collaborato al disco ci sono Guy-Manuel de Homem-Christo dei Daft Punk, Pharrell Williams e Charlotte Gainsbourg.
Rosalía ha detto che la scrittura dei testi è stata influenzata da interessi molto personali che ha sviluppato negli ultimi anni: la vita di alcune figure religiose femminili come Santa Lucia, martire cristiana di Siracusa vissuta tra il III e il IV secolo, e Giovanna d’Arco, la guerriera che nel XV secolo guidò una vittoriosa battaglia contro gli inglesi, ma anche le opere della filosofa francese Simone Weil e della scrittrice brasiliana Clarice Lispector.
Che la religione e la spiritualità abbiano avuto una certa importanza nella scrittura di Lux lo si capisce anche dalla copertina, in cui Rosalía è vestita di bianco, con un velo simile a quello di una suora, e illuminata da una luce abbagliante: come se fosse una santa, per l’appunto.

La critica sembra avere apprezzato la nuova direzione artistica di Rosalía. Alexis Petridis del Guardian ha dato a Lux il massimo del punteggio, cinque stelle su cinque, lodando la volontà di Rosalía di abbandonare il discorso orecchiabile e commerciale dei dischi precedenti per «sfidare» il suo pubblico con un album lungo, poliglotta e a volte cacofonico. Lo ha definito «una reazione alla rapida scarica di dopamina che si ottiene scorrendo pigramente i social media: qualcosa su cui bisogna concentrarsi».
Secondo Pitchfork, una rivista che notoriamente tende a stravedere per Rosalía, Lux è «un’accorata proposta di pop classico d’avanguardia che ruggisce attraverso generi, romanticismo e religione». «Chiariamo subito una cosa: Lux suona come nient’altro nella musica di oggi. È un disco che nessun’altra popstar avrebbe potuto fare. Rosalía è ormai l’agente del caos più provocatorio del pop», ha scritto invece Rolling Stone.
In un’intervista data al New York Times, Rosalía ha raccontato che la scelta di fare un disco così diverso è derivata da una sorta di rifiuto per la musica che aveva realizzato fino a quel momento: «Tutto è in continuo movimento, giusto? Io sono sempre in continuo movimento. Perché allora il mio suono non dovrebbe cambiare insieme a me?».
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